Verso la metà di
settembre di quell’anno 1328, l’armata siciliana ritornò. Era partita forte di
cinquanta galere, oltre le navi minori, sotto il comando del giovine re Pietro,
e col fiore dei cavalieri siciliani (v’erano i due Chiaramonte, Pietro Lancia,
Matteo Sclafano, Rosso Rossi). Navigando pel Tirreno, aveva espugnato il
castello di Astura, per vendicar l’ombra di Corradino, tradito dai signori
d’Astura: poi quello di Nettuno; avevan dato qualche guasto alle marine di
Toscana; poi avvenuto un abboccamento tra re Pietro e l’imperatore Ludovico; e
compiuta qualche altra prodezza contro l’armata genovese e i guelfi di Toscana,
l’armata se ne tornò a Messina, dove re Federigo era andato ad aspettarla.
I Chiaramonte ignoravano
quanto era avvenuto a Costanza; chè si era creduto occultarlo finchè quelli
stessero alla guerra; ma dopo le festevoli accoglienze del re, Damiano e Matteo
Palizzi tratti i due Giovanni Chiaramonte in disparte li informarono a modo
loro del ripudio e delle pratiche del divorzio. Da prima essi ascoltarono con
stupore, parendo loro incredibile la cosa, ma poi lo sdegno e la collera
infiammarono i loro volti. Giovanni il giovane voleva subito noleggiare una
galera, o mettersi a cavallo per recarsi a Palermo. Voleva vedere e parlare con
Costanza; voleva sapere come e perché; minacciava di uccidere il conte Geraci e
strappargli il cuore. Giovanni il vecchio non era men di lui desideroso di
vendetta; ma sapeva usar prudenza.
- La fretta non produsse
mai nulla di bene! – ammoniva; – noi partiremo con agio, perché tanto arrivare
un giorno prima o un giorno dopo non mette né toglie. E soprattutto, silenzio!
Essi partirono il
domani, a cavallo. Matteo Palizzi, invitato ad accompagnarli, si scusò che il
servizio di corte non glielo consentiva. In realtà voleva godersela da lontano.
L’incontro fra Costanza e
suo fratello fu commovente. Ella gli si gittò fra le sue braccia piangendo: ed
egli non seppe dirle nessuna parola di conforto, ma pianse anche lui, ma d’ira;
e proruppe in amare invettive e in minacce...Luigi Natoli
Tratto da: Mastro Bertuchello (Latini e Catalani vol 1)
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