venerdì 3 giugno 2016

Luigi Natoli e la rivoluzione di Messina del 1674 - tratto da "I cavalieri della Stella"

Per le strade era un continuo passa­re e ripassare di gente. Torme di cittadini, armati correvano di qua e di là, o per dar la cac­cia a qualche avversario, o per recarsi là dove sentivano rimbombare qualche fu­cilata. Altri, portando indosso involti e fardelli, o cacciandosi dinanzi un asinel­lo carico o un biroccino, s'avviavano per mettersi in salvo, temendo il rinnovarsi degli incendi, dei saccheggi, delle stragi del 1672. La più parte dei fuggiaschi era­no di parte merla, scoraggiata dal so­pravvento degli avversari. e soprattutto dalla impotenza a cui era stato ridotto lo stratigò, chiuso nel Palazzo reale, e circondato da ogni parte dagli insorti, che sempre più aumentavano. S'aspettavano naturalmente che i malvizzi vittoriosi rendessero loro la pariglia, e con maggior furore. Molti correvano alle barche e si facevan trasportare nel forte del Salvatore, come in un luogo sicuro; altri chie­devano ricovero nelle fortezze circostan­ti, a Rocca Guelfonia o al forte Gonzaga; ma i più uscivano alle campagne, per ri­fugiarsi o nelle loro terre, o nelle città demaniali delle vicinanze, per aspettarvi gli eventi.
Intanto dai forti, sebbene con minor frequenza, continuava il cannoneggia­mento, cadeva qua e là qualche palla, spargendo la rovina e lo spavento; conti­nuava nei pressi del Palazzo reale lo scoppio delle archibugiate; continuava sopra tutti i rumori della guerra la gran campana del Duomo, a chiamare il po­polo alle armi.
Oramai la sommossa erasi tramuta­ta in rivoluzione; sebbene nel balcone principale del palazzo della Banca, fosse stato collocato sotto un baldacchino il ri­tratto del re Carlo II, al quale la città dichiaravasi fedele; tuttavia di fatto si trattava di una vera e propria ribellione contro il governo; e i capi della Setta non celavano le loro mire repubblicane, no­n ostante che si andasse sussurrando co­pertamente di aiuti e protezioni del re di Francia. La cacciata del vicerè, gli assalti del­le fanterie spagnole respinti, la presa del Palazzo reale avevano quasi ubbriacato la città. I più fieri malvizzi o che avessero dei torti da vendicare, o che cedessero a ferocia d'istinti, si erano posti alla caccia dei Merli, o dei sospetti; qualche vittima era stata immolata; qualche capo reciso, infilato a una picca portato in giro per la città; nel baluardo dell'Andria, affidato a don Giuseppe Marchese il Nero, si con­ducevano prigionieri che il Marchese, avido di sangue, martoriava, e poi nella notte faceva strangolare e gittar nelle fosse, o sospendere alle forche... In tre luo­ghi diversi erano state rizzate le forche; e la giustizia non presiedeva sempre alle sentenze di morte.
Messina si perdeva in un'orgia di vendette e di sangue.
 
Luigi Natoli - I cavalieri della Stella
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