(1473) Hassan bey, un rinnegato, pascià della Bosnia, con ventimila
cavalli, attraversando fra le rapine e gli incendii con la Croazia e la
Carniola, era piombato in Italia, seminando da per tutto, fino a Udine, gli orrori
delle carneficine. Diciottomila cristiani giacevano insepolti per le campagne,
quindicimila trascinavano fra’ superbi vincitori le dure catene della
schiavitù.
E in quel torno quattrocento galee vomitavano su Negroponte
trecentomila fanatici, guidati dal Gran Signore Maometto II; e dopo l’eroica e
disperata resistenza cadeva la città, e Paolo Erizzo espiava la virtù sua
morendo fra inaudite torture. Poco dopo Scutari cadeva anch’essa, e il
Loredano, come l’Erizzo, acquistava la gloria del martirio.
A che valevano adunque le ingloriose rappresaglie del
magnifico Pietro Mocenigo capitano generale della Serenissima, poiché il
Vessillo del Profeta trionfava superbamente anche sui mari? A che il grido
doloroso di Sisto IV, che bandiva la crociata? E il lamento disperato
dell’Ungheria, ultimo baluardo contro l’invasione musulmana? Maometto II aveva
innalzato lo stendardo della guerra santa; e i figli del profeta accorrevano da
ogni parte per vincere e diffondere l’Islam, come aveva promesso Allah.
Una sera Pietro Mocenigo stava sulla capitana col
sopracomito Coriolano Cippino, col provveditore e alcuni ufficiali: divisavano
un ardito colpo di mano per la vegnente notte; quando la sentinella di prua si
accorse di un piccolo battello, che sciava silenziosamente tra i fianchi della Capitana
e della Padrona. Diede l’allarme e puntò l’arco verso il rematore; questi con
un vigoroso colpo di remo si tolse al bersaglio, e sostando, levato il alto il
berretto, gridò:
- Viva San Marco!
Tosto si affacciarono al parapetto della Capitana marinari e
soldati; il capitan generale con la spada in mano, si fece innanzi:
- Chi grida: Viva San
Marco?
- Per la croce di Dio, magnifico Signore, non son né cane,
né rinnegato; fuggo anzi la terra degli infedeli... Comandate che levino quegli
archi, che certamente nessun onore ne verrebbe ad ammazzare un cristiano; e
fatemi piuttosto calare una corda che ho gran voglia di parlarvi...
- Come ti chiami?
- Antonio Duro.
- Di che nazione sei?
- Di Sicilia, della nobilissima città di Messina...
Maometto II torreggiava tra i cuscini del suo trono; intorno
a lui si accalcavano eunuchi e ufficiali, fieri, sitibondi di vendetta, ma pur
curiosi e sorpresi. Innanzi al tremendo imperatore, dritto, con le mani legate
al dorso, stava il fruttaiolo incendiario.
- Franco – disse Maometto II – chi sei tu?
- Io sono Antonio Duro di Messina...
- Hai tu ricevuto ingiuria dai miei sudditi? Frodarono essi
le tue frutta, perché tu abbi posto l’incendio alle navi?
- No!...
- Qual ardire insano ti ha spinto dunque a una sicura morte?
- Io son cristiano e Siciliano, tu infedele e saracino; fra
noi non può essere amicizia. Avevo deciso di rovesciar la tua potenza, e
liberare la cristianità dalle tue ruberie, a mandarti all’inferno te e i tuoi!
Pazienza! L’impresa è andata a vuoto... Sei galere son poca cosa...
Il Gran Signore guardò sbalordito l’audace siciliano;
tacevano intorno i valorosi, che si sentivano piccini innanzi a quella
grandezza d’animo straordinaria.
- Ma tu andavi contro alla morte!
- Che m’importa? Ma se fossi interamente riuscito, tu non
avresti più armata!...
Maometto trasalì; con uno sguardo misurò le fiere
conseguenze che la temeraria impresa del Siciliano avrebbe recato. Guardò il
giovane, bello, gagliardo, sereno...
Il Senato di Venezia onorò la morte del prode, e tenne le
promesse fatte al Mocenigo. Il fratello ebbe un assegno, la sorella una dote.
Gli storici del tempo consegnarono alla gloria il nome del valoroso.
E lei, signora lettrice, quando alla Villa Giulia si fermerà
ad ammirare il marmo che raffigura l’eroico Canaris, pensi che anche la
Sicilia, tre secoli e mezzo innanzi, nel 1473, ebbe il suo Canaris; e pensi
ancora alle ingiustizie di quella storia che, caduta fra le mani dei
rigattieri, facilmente dimentica le glorie paesane.
Luigi Natoli
Nelle foto: il doge di Venezia Pietro Mocenigo e Maometto II
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