Caso orrendo che lasciò, come il Vespro, memoria durevole
nella tradizione popolare, avvenne per la inimicizia di due famiglie potenti, i
Luna e i Perollo, del quale fu teatro Sciacca. Nata nei primi del XV secolo per
rivalità di ambite nozze, un primo urto avvenne in Sciacca durante i funerali
di Martino e l’odio dei padri si trasmise nei figli, Pietro Perollo e Antonio
de Luna, e vi diede nuova fiamma una lite pel possesso di una baronia di S.
Bartolomeo vinta dal Luna. Per evitar spargimento di sangue si tentò una pace:
ma correndo la Settimana Santa del 1459, durante la processione, il Luna fu
assalito e percorso da gente armata; ne nacque una zuffa, e si dice che il Perollo,
abbattuto il nemico, andasse a devastarne le case e a saccheggiarle. Il Luna si
ritirò a Caltabellotta preparando la vendetta, ma il governo intervenne con
minacce ed esilio.
Nel secolo XVI erano a capo delle due famiglie Sigismondo de
Luna, conte di Caltabellotta, imparentato coi Salviati e coi Medici, e Giacomo
Perollo barone di Pandolfina e portulano di Sciacca, il quale abitava nel
castello normanno, ed era in buoni rapporti col vicerè Pignatelli.
Or avvenne che a proposito della liberazione dalla schiavitù
del barone di Solanto, tenendosi Sigismondo beffato, l’inimicizia fra i due
scoppiò.
Avvenne qualche scontro fra i partigiani dell’uno e
dell’altro; e spingendo Sigismondo armamenti, ne fu avvertito il Vicerè, che
mandò a Sciacca Girolamo Statella qual capitano d’arme, per fare un’inchiesta e
provvedere. Ma Sigismondo racconto gran numero di cavalieri e di armati,
assoldata una banda di Albanesi, mosse sopra Sciacca la notte del 18 luglio
1519. Aggredita la casa dello Statella, lo uccisero, e uccisero la moglie;
corsero poi ad assalire il castello che cadde il 22 dopo tre giorni di assalti,
con grande spargimento di sangue. Giacomo Perollo riparatosi in un granaio,
scoperto fu ucciso; il cadavere legato alla coda di un cavallo, trascinato per
le vie, tra gli schiamazzi osceni dei vincitori e il pianto delle povere donne
di Sciacca. Il castello e le case dei partigiani del Perollo vennero
saccheggiate; la città parve un deserto...
Sigismondo cavalcava.
Era la notte del 18 luglio, calda e pensante. La luna
splendeva purissima su tutta la campagna di Sciacca; i colli, i boschi, le
pianure si distinguevano nettamente nella tenue luce azzurrognola; e giù, il
mare aveva un color di acciaio brunito, orlato al lido di un sottile filo
d’argento. I cavalli sollevavano nuvole di polvere; pure, nel fosco, tralucevano
gli elmi e le corazze.
Sigismondo cavalcava innanzi a tutti; percorrendo le vie
stesse dove avea ricevuto oltraggi, gli pareva che i sassi e i rovi ripetessero
voci di scherno, onde cupo e silenzioso, stringeva le redini e pungeva i
fianchi del cavallo. E il cavallo scoteva la nobile testa, drizzando gli orecchi
e sbuffando. Così giunse a un trar d’archibuso delle mura di Sciacca; e si
fermò.
La città era immersa nel sonno; su le torri le scolte
sonnecchiavano, di là dalle mura si scorgeva il castello normanno, dritto e
nero nella notte luminosa; più in là, fuori delle mura, il monastero delle
Giummare.
La truppa si era fermata dietro il signor Sigismondo, e
guardava anch’essa. Accursio Amato, Ferrante Lucchesi, Erasmo Loria, Calogero
Calandrini, Cola Vasco, Gian Pietro Infontanetta, Pietro Giliberto e Cesare
Imbrogna gli stavano intorno; in disparte Giorgio Comito, avventuriere
albanese, con una banda selvaggia di greci-albanesi raccolti a Mezzoiuso, a
Palazzo Adriano, a Contessa: dall’altro lato il signor Muchele Impugiades con
una schiera di cavalli, assoldati dal vecchio don Giovanni.
Guardavano tutti la città, e ognuno sentiva nel petto una
emozione indefinita e vaga; quel tale turbamento che precede l’accingersi a una
impresa. Giorgio Comito però aspirava l’odore delle stragi e delle rapine; e il
signor Sigismondo e i suoi compagni sentivano risonare nell’animo l’ora della
vendetta.
Allora il conte Sigismondo divise le sue schiere in due: una
comandata dal capitano Impugiades andò ad appostarsi al monastero delle
Giummare, l’altra con lui scese dai colli fin presso alle mura di Sciacca e
attese il giorno....
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