Giovan Luca attendeva a
preparare i modi e i mezzi per attuare quel suo vecchio disegno di riscossa per
cacciare lo straniero, e istituire un governo democratico, come quello che fece
la gloria di Pisa. Era l’idea accarezzata fin da quando cominciò a leggere le
pagine di Livio, maturatasi col progredire negli studi umanistici, fattasi assillante
in quei rivolgimenti, e allo spettacolo delle violenze e delle ladronerie del
vicerè don Ugo. Che quelli non fossero tempi di repubblica, che questa
repubblica vagheggiata da lui era un anacronismo, sfuggiva alla esaltazione del
suo spirito, che lo illudeva di speranze e di sogni eroici.
- Ebbene, non si può
estendere a tutta la Sicilia, e fare del regno una grande Repubblica? Questo è
il mio sogno; ma forse voi non ne vedete tutta la bellezza, perchè le vostre
idee sono diverse dalle mie, quanto alla forma del governo.
Parlava col volto acceso
da una fiamma interna, che rendeva calda e appassionata la parola. Tristano,
sebbene avesse gran premura di andarsene, ne rimaneva talvolta preso, e lo
ammirava: e gli pareva che Giovan Luca si ingrandisse, e si illuminasse di una
luce nuova. Non era più quel pensoso, che pareva sdegnoso di parlare, o parlava
breve e a sentenze: pareva qualcosa fra l’oratore e il condottiero; un
sovvertitore di popolo e un dominatore. Certamente aveva un’idea, che non
rivelava ancora, forse era l’idea madre, dalla quale si generavano tutte le sue
azioni, anche caute, quasi saggiature; ma che al momento opportuno, si
sarebbero svolte in tutta la loro pienezza. Con tutto ciò appariva agli occhi
di Tristano come un uomo nuovo.
Luigi Natoli - Squarcialupo
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