martedì 17 novembre 2020

Luigi Natoli e la morte di tre baronesse: Caterina La Grua, baronessa di Carini. Tratto da: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue

Appena il barone fu solo, cinse la spada, infilò i guanti di cuoio, tolse un mantello ampio e grave,
il cappello e chiamò:
- Il mio cavallo e quattro uomini montati.
Il lacchè sgranò gli occhi per la maraviglia; dove il signor barone voleva andare a mezzanotte, con quella scorta armata? Trasmise l’ordine; tosto nel palazzo silenzioso si intese uno strepito d’arme, un rumore di sproni per la scala, per l’atrio.
Poco dopo cinque cavalli facevano risonare la via silenziosa del loro trotto serrato, alla luce rossa di una fiaccola recata in mano da uno dei servi.
Parevano a quel fosco e sanguigno chiarore cinque fantasmi, usciti dal regno della morte per far vendetta di un misfatto.
Ella correva dietro al suo sogno, cercandolo tra le nubi dorate che erravano nel cielo; quando un frequente scalpitare di cavalli distolse gli occhi suoi.
Guardò giù nel piano; un gruppo di cavalieri che ella non distingueva ancor bene, saliva già la collina; uno di essi andava innanzi, incitava il cavallo, come per infondergli lena; il cavallo incurvava la nobile testa sul petto fumante, ed allungava il passo su lo scosceso sentiero che serpeggiava fra le rupi.
Donna Caterina guardava con sospettosa curiosità; chi potevano essere quei cavalieri? E quale urgenza li pungeva? E che venivano a cercare nel castello? Quando furono più vicini, il cavaliere che andava innanzi levò la testa in su. Donna Caterina trasalì; un fremito ghiacciato serpeggiò per le vene; le gambe le tremarono; stette come inchiodata dal terrore nel balcone.
Aveva riconosciuto suo padre...
I cavalli erano arrivati su la spianata; il signor barone, veduta la figliuola, aveva cacciato gli sproni nei fianchi del cavallo, levando il pugno minaccioso verso di lei. ella vide i cinque cavalieri svoltare l’angolo, e poco dopo sentì risonare i ferri sul selciato della corte. Allora fece uno sforzo, entrò nella sala, e si appoggiò alla spalliera di un seggiolone: in quel momento la porta si aprì con fracasso; il barone don Vincenzo, seguito da un bravaccio, balzò nella sala come l’avvoltoio su la colomba.
Si fermò innanzi alla figliuola, incrociando fieramente le braccia sul petto, e guardandola quasi per scoprire sul suo volto le tracce degli ultimi baci peccaminosi.
Ella tremava, pallida, atterrita, non osando levare gli occhi su quelli del padre, sul cui aspetto aveva letto chiaramente la sua condanna.
Stettero un minuto così, in silenzio, l’uno di faccia all’altra; il bravo, bieco e triste, se ne stava aspettando, su la soglia dell’uscio. Donna Caterina si sentiva venir meno; perché la sala non sprofondava, inghiottendola? Perché non moriva ella in quel punto, per sottrarsi alla vergogna, alla collera, al castigo?
Ah, ella lo sapeva bene, lo sentiva dentro di sé, perché era venuto il padre, ma furono quelle le parole che le vennero su le labbra, ed ella le disse forse per nascondersi la spaventevole risposta che le agghiacciava l’anima. E ripetè, senza sapere quello che si dicesse, fuori di sé:
- Perché siete venuto, signor padre?
- Sono venuto per ammazzarvi! – rispose il barone cupamente, e sguainò la spada.
Ella sentì lo stridore della lama uscente dalla guaina e un brivido gelato le corse per le vene: si buttò in ginocchio, giungendo le mani con una espressione disperata di preghiera e di dolore. Una rapida visione le passò innanzi agli occhi, la visione del peccato; morire senza un ultimo conforto, senza il conforto di Dio? Si risovvenne delle parole di frate Arcangelo, del tempo trascorso senza pregare, della chiesa fatta per lei un ritrovo d’amore, dello scandalo seminato, dell’infamia che pesava sopra di lei, della dannazione dell’anima... Una spaventevole visione infernale! Voleva farla morir così? Voleva dannarla a una disperazione eterna? Senza fine? Senza tempo?
- Signor padre!... – supplicò – signor padre, lasciatemi dunque confessare.
- Confessarti? – stridette con un sogghigno feroce il barone – confessarti?... domandi un confessore? E per quanti mesi non hai avuto bisogno di confessarti? Di’!
Le si accostò, sollevandole ruvidamente la testa e piantandole gli occhi negli occhi.
- Dillo! Quanti mesi sono che trascini il mio nome nel fango? Che ti abbandoni negli abbracci impuri di un mio nemico? Che insozzi la casa mia, che non conosce infamia?
Ella si coperse il volto con le mani:
- Oh abbiate pietà di me, abbiate pietà...  
Esterrefatta, disperata, non sapendo a qual partito appigliarsi, donna Caterina balzò in piedi, fuggendo verso le stanze. Il signor don Vincenzo le si slanciò dietro, bestemmiando, ella fuggiva verso la sua cameretta...

Luigi Natoli: – La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. Raccolta di leggende trascritte dal volume originale Storie e leggende, pubblicato in Palermo dalla casa editrice Pedone Lauriel nel 1892. Alla raccolta è stata aggiunta la novella "La signora di Carini" pubblicata nel Giornale di Sicilia nel 1910 con pseudonimo di Maurus, "Un poemetto siciliano del secolo XVI" estratto dagli Atti della reale accademia di scienze, lettere ed arti di Palermo (serie III - vol. IX - Palermo 1910) e "Storia della Baronessa di Carini (sec XVI) estratto da "Musa siciliana" con note dell'autore - Casa editrice Caddeo 1922. Il volume raccoglie quindi, a parte le altre leggende su famosi "casi" siciliani, tutto quanto Luigi Natoli scrisse sul famoso "caso" della Baronessa di Carini.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Pagine 310 – Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it. (consegna in tutta Italia a mezzo corriere) Prenota con messaggio w.a. al 3894697296 oppure manda una mail a ibuonicugini@libero.it: sarai subito ricontatto per l'acquisto.
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In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133, Palermo)


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