mercoledì 11 novembre 2020

Luigi Natoli: La processione usciva dal duomo... Tratto da: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di fine Settecento

Quando Agata riuscì sul Cassaro, quasi di fronte alla Cattedrale, passava il Senato. Quello era uno spettacolo che riempiva d’orgoglio ogni buon Palermitano.
Precedevano quattro guardie urbane a cavallo in divisa rossa, con le piume bianche nei cappelli, e con le sciabole sguainate; poi i musici, a cavallo anch’essi; indi i contestabili, con ampi cappelli a tegolo, la cappa, il bastone, e dietro il mazziere, con voluminosa parrucca a riccioli, toga, e la magnifica mazza d’argento su la spalla. Poi le due carrozze del Senato, ampie e torreggianti sulle cinghie di cuoio; tutte oro, con pitture e ornati graziosissimi e l’aquila del comune dipinta sugli sportelli, superba nella sua corona regale; con le tendine di seta rossa, a frange d’oro; e pennacchi di candidissime piume in alto. Il cocchiere, seduto sull’alta serpe, sopra una gualdrappa con l’aquila d’argento massiccia, troneggiava, tenendo le redini dei magnifici cavalli; e dietro sul predellino tre staffieri, in livrea rossa, col nicchio in testa, impalati, sostenuti.
Nella prima carrozza c’era il pretore, il priolo, ossia il primo dei senatori, e gli altri senatori, nella ricca toga rossa col tocchetto in testa, le parrucche spioventi, magnifici; nella seconda, il sindaco, il capitano, i giudici della corte pretoriana; il maestro cerimoniere.
Altre guardie urbane fiancheggiavano e seguivano le due carrozze, che andavano al passo, e dietro a esse un vero esercito di lacchè, staffieri e schiavi, tutto il servitorame privato del pretore e dei senatori, del capitano, che, come si sa, erano nobili.
Lo spettacolo era veramente magnifico per la grandiosità dell’apparato, la ricchezza delle decorazioni; per tutta quella seta, quell’argento, quell’oro profuso largamente; ma più ancora per la maestà veramente regale del suo insieme, manifestazione del sentimento particolare dei cittadini, pei quali poche città al mondo potevan gareggiare in nobiltà con Palermo.
La grandiosità del Senato e della sua pompa era il segno dell’orgoglio cittadino; e al suo passaggio il popolo dimenticava le proprie miserie, ed era assai lontano dal pensare allo sperpero del pubblico denaro del quale sovente quelle bianche mani signorili erano colpevoli verso il popolo. Ogni popolano sentiva in se stesso quella magnificenza.
Per quanto era lungo, il Cassaro era pieno di gente, che vi formicolava in disordine, non contenuta in due ale dalla truppa, che non era ancora uscita dalle caserme. Tutti i balconi eran pieni di signore, di uomini, di ragazzi: in quelli della Conversazione grande, al palazzo Cesarò, c’era il fiore della nobiltà, donne specialmente. Su, dietro le logge coperte dei monasteri dei Sette Angeli, del Salvatore, di Montevergini, del Cancelliere e giù giù della Martorana, di S. Caterina, delle Vergini si travedevano bende bianche e occhi neri e irrequieti.
Allo scenario maraviglioso di tutta questa folla, che sul grigio delle case, dall’aspetto spesso triste, metteva le gamme più varie, più delicate o più brillanti di colore, non mancava quel giorno che l’azzurro caldo e profondo del cielo di giugno e il sole ardente e vivificatore.
E qual rumore per la strada! Rumore di ruote e scalpitìo di cavalli, schioccar di fruste, grida di cocchieri e di volanti, di portantini, o di acquaiuoli, gironzolanti, con una specie di barile pensile dietro le spalle, e un arnese di latta dipinta, coi bicchieri e l’ampolla dell’anice; e come fondo, o nota ferma, quel vocìo confuso di migliaia di voci sommesse, che pare il sordo brontolio del mare, e, al di sopra di questo e degli altri rumori, lo scampanio del duomo e delle altre chiese.
A un tratto s’udì uno scoppio di mortaretti. La processione usciva dal duomo. Quattro tamburinai, vestiti con zimarre o specie di pallii con maniche ampie, suonavano all’unisono in grossi tamburi di legno, con un fracasso assordante; e dietro a loro uno stendardo e poi a due a due una congregazione, coi confrati in sacco, cappuccio e mantellina. Qualcuno nella folla andava indicando le varie compagnie che si seguivano una dopo l’altra, ciascuna, col suo stendardo alla testa, il suo cappellano e il suo superiore alla coda; quali con torce, quali con lunghi bacoli sormontati da un emblema d’argento.
- Questi sono i facchini di San Euno, i pescatori di San Pietro e della Kalsa, i muratori, i fallegnami... i semolai, i pastai, i sarti.... Questa è la compagnia di Belliverdi (Valverde)... la compagnia del Sacramento.
Ultime venivano le compagnie aristocratiche: della Pace, della Carità, dei Bianchi. L’ordine era fissato da un cerimoniale, per evitare contestazioni di preminenze che non mancavano mai, e che talvolta terminavano con uno scambio di colpi di torcia... o di spada. Sotto il sacco penitenziario c’era sempre il coltello, o lo spadino.
La nota più gaia e più commovente era però data dai fanciulli: v’era quelli del R. Collegio Carolino, di nobili con tre quarti di nobiltà, diretto dai padri Gesuiti; ma già troppo lisciati e impettiti nella loro piccola boria di portatori di gran nomi; invece i fanciulli degli Spersi bianchi e turchini, e le fanciulle “dell’Ospedale” – cioè le trovatelle – vestite di bianco con la loro aria candida e furba nel tempo stesso, sorridenti, di quella festa, mettevano una certa giocondità nell’animo.
Poi venivano i conventi. La festa della processione era arrivata a Piazza Bologni, fra lo scampanio delle chiese, quando nella folla corse un fremito: essa ondeggiò, si riversò indietro, come sospinta: una voce si propagò: “La truppa, la truppa!...” Erano infatti le truppe, che, sicure dalla pioggia, uscivano per far ala e rendere gli onori al Sagramento e al vicerè che lo seguiva.
A mano a mano che scendevano giù per Toledo si dividevano in due ali, formando una siepe, che conteneva la folla, lasciando libero il passo alla processione. 

Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di fine Settecento e inizi Ottocento, quando la Rivoluzione Francese porta in tutta Europa le prime idee di libertà dei popoli e nascono le prime Logge. Il protagonista Corrado Calvello è affiancato dal patriota e giureconsulto Francesco Paolo Di Blasi.
L’opera è la trascrizione del romanzo originale pubblicato dalla casa editrice La Gutemberg nel 1913.
Pagine 880 – Prezzo di copertina € 25,00
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