giovedì 28 dicembre 2017

Luigi Natoli: I merli. Tratto da: I cavalieri della Stella o La caduta di Messina.


Quel torrente impetuoso di folla affamata si versò nel­la via dei Banchi, per recarsi al palazzo del Senato: innanzi a tutti il Martines agi­tando la spada. Il gridìo, il rumore delle botteghe che si chiudevano precipitosa­mente, il fuggi fuggi delle donne, chiama­rono altri sulla strada. Un cavalier Spatafora, sdegnato di quelle grida di morte, af­frontò la folla briaca, rimproverandola. Il Martines rispose tracotante, il cavaliere snudò la spada, ma qualche arrabbiato gli fu addosso, lo ferì di coltello alla nuca. Fu il primo sangue versato nella guerra civile, e forse sgomentò gli sciagurati che lo versavano. Al cadere dello Spatafora, si arrestarono, si sbandarono.
Il pericolo dell'aggressione convocò i senatori, e intorno ai senatori i loro par­tigiani: deliberarono di ricorrere allo stratigò e chiedere energicamente giusti­zia; ma lo stratigò ne era in cuore arcicontento. Si mostrò addolorato, perfino sdegnato; promise di punire lo scellerato Martines; mandò anzi guardie e birri, che, naturalmente non lo trovarono; e lo bandì con tutte le forme: ma sapeva già che il Martines era al sicuro nel forte di Gonzaga, e sottomano scriveva alla corte per implorarne clemenza.
Era questo il prologo della tragedia che doveva insanguinare Messina, e doveva preparar la caduta di tutte le sue li­bertà municipali: il sangue sparso e la impunità del reo, dividevano la città: alle due fazioni il degno stratigò si affrettava a dare un nome.
Il Senato comprese che non era più tempo di infingimenti, e che bisognava guerreggiare apertamente con­tro la plebe sollevata e istigata e contro lo stratigò che se ne era fatto il tribuno; chiamò sotto le armi i Cavalieri della Stella, ordinò le milizie cittadine con le maestranze e la borghesia fedeli alle isti­tuzioni della città e nemiche di Spagna; la setta dal canto suo si moltiplicò; tutti i suoi adepti formarono ronde, posti di guardia, avvisatori: la città parve in stato di guerra; e parve che l'autorità dello stratigò fosse annullata. Dei corrieri par­tivano ogni giorno per Palermo, spediti dal Senato; ma altri ne partivano spediti dallo stratigò, che non se ne stava con le mani alla cintola.
Ogni notte, in una casa remota del quartiere di S. Giacomo, l'illustrissimo signor don Luigi de l'Hoyo s'abboccava con i più avventati popolani; e tutti i suoi discorsi finivano a un modo, che i mali della città derivavano dal potere del Se­nato, e che non c'era altro rimedio che mettersi del tutto sotto la potestà del re.
- Il re è il vero padre dei sudditi, per volere di Dio; ma come mai voi, che siete suoi figli, vi sottraete alle sue cure paterne? Il Senato usurpa il potere legitti­mo del re!... 
Bisognava strappargli quel potere, stabilire il buon governo, aprire i ma­gazzini di frumento al popolo, dargli pa­ne e felicità: ma bisognava anche essere costanti e fedeli nella devozione al re e ai suoi ministri. Vedevano il suo stemma? Aveva per insegna un merlo, simbolo della costanza, che quando becca una cosa, non se la lascia sfuggire: essi dove­vano essere appunto come i merli.
- E noi siamo merli! gridavano quegli ardenti.
Il nome del nero uccello dal forte becco, parve il segno, la bandiera, il mot­to d'ordine della fazione popolare, che, per una di quelle anomalie non rare nel­la storia, era anche la fazione che mina­va le istituzioni patrie, per asservirsi al­l'assolutismo regio. Il nome uscì da quei conventicoli; si diffuse tra le plebi, tra gli artigiani, gli impiegati regi, qualche nobile, i gesuiti, i vagabondi; esser merlo significò essere nemico dell'oligarchia del Senato, parti­giano del governo regio; e pareva titolo d'onore.


Luigi Natoli: I cavalieri della Stella o La caduta di Messina. 
Pagine 954 - Prezzo di copertina € 26,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Nessun commento:

Posta un commento