La festa dell’Immacolata
quell’anno si presentava, più delle altre volte, con aspetto di una febbrile agitazione.
Il cielo era amico; da due giorni aveva smesso il pesante mantello grigio, e si
era rivestito del suo abito di seta azzurro, sul quale splendevano le stelle
diamantine.
Per antica concessione
data ai frati di S. Francesco di Palermo, la festa dell’Immacolata gode il
privilegio di celebrare la messa a mezzanotte, come per Natale. In quella
occasione nelle case si giuoca, e si fa un cenone, aspettando la messa; e le
strade son piene di popolo. I caffè stanno aperti, e le botteghe dei focacciai
spandono l’odore del forno misto col grave oleoso del fritto.
Allora nella piazzetta
dinanzi alla chiesa di S. Francesco, le baracche ostentavano i dolci
tradizionali e speciali dell’Isola; che non hanno riscontro nel continente, ed
è giocoforza indicare col nome dialettale; la “cubaita” e la “pietrafendola”;
la prima composta di semi di sesamo cotti nel miele e profumata; l’altra di
bucce di arancia, pistacchio, mandorle tritate e cotte anch’esse nel miele.
L’una, di color biondo, si vende a tavolette; l’altra bruna, si vende a rocchi
di dodici centimetri, di forma cilindrica, avvolti in carta sfrangiata alle due
estremità. Sono durissime, e provocano una dolce salivazione, perciò si vendono
anche a pezzetti. Questi due dolciumi, in bella fila, stavano col torrone
bianco e verde, e adescavano i fedeli che si recavano alla messa di mezzanotte.
In casa Montallegro si era
stabilito di andare “in viaggio” alla chiesa di S. Francesco, ascoltare la
messa e fare un voto alla Madonna, se concedeva una grazia, che si illudevano
di avere tutti della stessa specie. Ma il signor Benedetto Montallegro
segretamente voleva che Corrado uscisse dal carcere più tardi che mai, e
infamato, sicchè sua figlia avesse schifo al solo pensare di essere quasi sul
punto di appartenergli; la signora Agostina invece desiderava che si
presentasse un nuovo partito vantaggiosissimo, perché “quello lì” piangesse il
matrimonio che aveva lasciato; e quanto a Elisa non aveva che un desiderio:
dimenticarlo, ma in fondo sentiva di amarlo sempre.
Uscirono un’ora prima di
mezzanotte, e già le strade erano affollate di gente, che con torce accese si
recava in chiesa, quali a gruppi, quali isolati. Una confraternita procedeva a
due a due, col capo nudo; alcuni confrati scalzi, che compivano il “viaggio”
per voto. Recitavano il rosario; il superiore intonava la prima parte
dell’avemaria, e tutti gli altri rispondevano in coro l’altra. Più in là due o
tre famiglie recitavano lo stesso rosario, e le voci dell’uno e dell’altro si
confondevano in un brusio che riempiva la strada, resa più sonora dal silenzio
della notte. Nella via buia la luce delle candele a volte si moltiplicava, a
volte si eclissava illuminando a balzi le macchie dei volti. Simili alle
monacelle crepitanti in un immenso foglio di carta.
I Montallegro camminavano
per due, davanti con Elisa la signora Cristina che ciarlava di mille storielle.
Ma Elisa non l’ascoltava, che aveva il pensiero distolto da quell’idea di
dimenticare, e con gli occhi errava sulla folla, che variava per la via come
figure di un caleidoscopio.
Sulla piazzetta la folla
era enorme. Dalle tre porte spalancate tre fiumane di gente entravano in chiesa
e ne uscivano; e il continuo contrasto fra le due correnti creava intoppi; che
non si potevano superare, se non a furia di gomitate.
Sedettero, ascoltarono la
messa; pronunciarono ognuna in segreto il proprio voto. La chiesa era
illuminata, ma la “bara” o fercolo dell’Immacolata era un torrente di luce,
così fitte erano e disposte per gradi le torcie accese dai fedeli, e ancora
tante ne venivano, che i sagrestani non facevano a tempo per raccoglierle. La
statua tutta di argento, più grande del vero, splendeva così che pareva che si
incendiasse, e aggiungeva nuova luce a quella stragrande delle torcie. E
dinanzi a lei si prostravano i fedeli, quali con umile raccoglimento, quali con
alte grida, e levando le braccia, scongiuravano la Vergine di qualche soccorso;
e presentavano un muto, un tisico, un piagato, denudando le piaghe, che
rosseggiavano allo splendore dei lumi. E la Vergine stava con gli occhi rivolti
su nell’ombra che si diffondeva nella volta.
I Montallegro, dopo ascoltata
la messa, se ne andarono, ma la signora Cristina restò; aveva vedute alcune sue
vicine, e si era stretta a loro, perché disse, aveva molte cose da confidare
alla Madonna. In realtà aveva da raccontare loro dell’uomo che aveva veduto.
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