A
nessun componimento della nostra letteratura popolare è toccata la sorte di
avere tanti e così diligenti illustratori e imitatori, come a quel tragico
poemetto, che corre sotto il nome di Baronessa
o Principessa di Carini; al quale l’orrore del fatto, unico forse nella
letteratura del popolo, la pietà verso la vittima, il grado e la notorietà dei
personaggi e sopra tutto la incomparabile bellezza della forma rappresentativa
conferirono una meritata celebrità.
Il
fatto tramandato dalla tradizione è questo: un principe di Carini uccise la
figlia, perché si amoreggiava celatamente con un giovane; la figlia, fuggita di
stanza in stanza, cadendo ferita, appoggiò la mano insanguinata sopra una
parete, e vi lasciò una impronta, che nessuna calce potè mai cancellare.
Questo
fatto, che forse rientra in quel gruppo di leggende che hanno per fondamento
un’impronta maravigliosa, è con certa larghezza svolto in un poemetto, che,
correndo frammentario per l’Isola, fu, dopo lunghe pazienti accurate ricerche
dell’erudito Salvatore Salomone-Marino, ricomposto a unità. Il poemetto,
precisando nomi e circostanze, fu considerato come documento storico, non
altrimenti che le “storie” in versi, che tutt’ora, nella commozione prodotta da
un grande avvenimento, poeti del popolo van componendo: documento storico non
solo perché conserva e tramanda la notizia del fatto, ma anche perchè riflette
la qualità e il tono della coscienza popolare di fronte a esso.
E
a dargli valore strettamente storico, giovarono le industri ricerche del
Salomone-Marino, il quale come potè darci il poema nella sua integrità, o
quale, almeno, gli sembrò, così potè illustrarlo di tutte le notizie riferibili
tanto al fatto, quanto ai personaggi indicati dalla tradizione e dal poema. E
poiché Alessandro D’Ancona e Angelo De Gubernatis, discorrendo della lezione
del poema data dal Salamone-Marino, sollevarono dei dubbi sulla sua storicità,
l’erudito editore, documentò le sue illustrazioni, e identificò i personaggi
dell’orrida tragedia, della quale diede le probabili lontane origini.
Fra
i documenti il più antico, vera testimonianza storica, è la breve notizia del
diario di Nicolò Palmerino e Filippo Paruta; notizia troppo semplice e
indeterminata, per dar luce all’avvenimento; e che non consente alcuna seria
argomentazione in favore dei particolari della leggenda. La notizia dice con
esattezza cronologica: “1563, Sabato a 4
di dicembre. Successe il caso della signora di Carini. “Caso” nelle
cronache e nella dizione di quei tempi adoperarono i nostri scrittori nel
significato di grande e straordinario avvenimento, con uccisione e morte di
persone: “Caso di Sciacca” si disse la lotta civile che insanguinò quella città
nel secolo XVI; “Caso di Del Carretto” o “di Castronovo” una strepitosa
vendetta presa da un conte Del Carretto sopra alcuni di casa Barresi.
Con un
errore di data, ma con precisione di nomi, Vincenzo Auria, cavandola da altri
manoscritti antichi, riprodusse la notizia: “1563 – Sabato a 4 di dicembre – Fu ammazzata la signora D. Caterina La
Grua, signora di Carini” ...
Luigi Natoli: "Un poemetto siciliano del XVI secolo" fa parte di: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.
Pagine 310 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online,
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Nessun commento:
Posta un commento