lunedì 28 settembre 2015

Luigi Natoli nel romanzo: L'Abate Meli. - Riflessione del poeta sulla sua "genialità" durante il frugale pranzo.

"Questa acciuga è ottima, e ac­compagnata dal pane è squisita, non c'è che dire. Però, mi piacerebbe di più se avessi una credenza o un riposti­glio, dal quale potrei prendere un bel pezzo di caccia. La quistione è che io sono un poeta, e perciò vivo quasi nella miseria: “Pictores, sculptores et cantores” con quel che segue. Vero è che mi danno del genio, ma preferirei che me lo mutassero in danari. Col genio non si vive. Per esempio, ho una sorella pazza che mi lascia senza desinare. Bene. Apro il ripostiglio e prendo un altro desinare, dai maccheroni alla frutta, senza tralasciare gli intingoli e i “piattini”... Quei domenicani hanno festeggiato il loro nuovo provinciale con un banchetto di ventiquattro piatti, settanta piattini, oltre i gelati e la frutta... Non dico che questo mi sarebbe piaciuto e toccato, ma... Il genio!... Se mi dessero l’equivalente, io non patirei tanto..."
 
Beatu iddu chi campa sfacinnatu
Comu l’antichi, e cu li propri soi
Si cultiva lu campu ereditatu...

“Io non ebbi nemmeno questo: la casa che acquistò mio padre, buon’anima!

E passa in libertà li jorna soi
tranquillu, senza debiti, né pisi,
senza suggizioni e senza noi!... (*)
“Ah! un vivere sì beato! Che ci vorrebbe? Una bella e buona abazia, che mi fornisca tanto da vivere come gli antichi. Invece, ho da fare il medico! E debbo insegnare la chimica ai giovani! La medicina e la chimica non sono amiche delle Muse...
 
(*) Beato chi campa sfaccendato - (Meli non intende chi non fatica ma chi non ha il peso degli obblighi derivanti dallo stare in società) - come gli antichi, e con i propri soldi - Si coltiva il campo ereditato...
E passa in libertà i suoi giorni - tranquillo, senza debiti, né pesi, senza soggezioni e senza noie...
 
Luigi Natoli
www.ibuonicuginieditori.it

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