Donna Flora senza rilevare quella esclamazione, si alzò con un’idea. Si avvicinò alla parete dalla quale avea veduto scomparire l’uomo dalla maschera nera, e cominciò a tastarla con le mani, a picchiarvi leggermente, dall’alto al basso, per sentire se risonasse, e per poter così trovare la porta. Ma per quanto picchiasse, la parete dava un suono opaco, e uguale, ed ella sentiva sotto la sua mano la durezza dell’intonaco. Corse dietro il letto, donde aveva veduto apparire e scomparire il servo; ma anche qui nessun indizio di vuoto.
Dov’erano dunque le porte? C’era un segreto impenetrabile, del quale l’uomo dalla maschera doveva esser sicurissimo, se poteva entrare e uscire sotto gli occhi della sua prigioniera, senza sospetto.
La duchessa tentò ancora una volta, ma riconobbe la inutilità dei suoi sforzi, e poiché si sentiva stanca, si sdraiò sul letto dicendo alla cameriera:
- Siedi costì Marianna, ai piedi del letto, e non ti addormentare.
Marianna avvicinò una seggiola, e, sedutasi, trasse dal petto un rosario, e cominciò divotamente a recitare le sue preghiere, guardando di tanto in tanto la sua padrona. Ma quanto vide che essa a poco a poco chiudeva gli occhi, e s’addormentava, allora si sentì vincere anch’essa dal sonno; chinò il capo sul petto, e s’addormentò, russando lievemente. Ogni tanto però, spalancava gli occhi, alzava il capo, si guardava intorno, guardava la duchessa e ricadeva nel sonno.
L’uomo dalla maschera, uscito in quel modo misterioso, che donna Flora non aveva potuto chiarire, si era trovato in una specie di stretto e nero corridoio, pel quale appena poteva passare una persona; attraversato il quale, con la sicurezza di persona avvezza a percorrere quel luogo, anche fra le tenebre era riuscito in un’altra stanza a volta bassa, sotterranea, illuminata da una lanterna.
Un gruppo di uomini vi stava, ai cui piedi giaceva un involucro, una specie di sacco nero, dentro il quale si disegnava una forma indefinita.
Un dialogo rapido, a bassa voce, seguì fra l’uomo dalla maschera e uno di quegli uomini.
- Ebbene?
- È quel cavaliere...
- Oh!
- È venuto con la compagnia di Ciancimino... L’ha lasciato giù, ed è entrato solo... L’abbiamo preso.
- È ferito?
- No, svenuto. L’abbiamo imbavagliato e insaccato...
- Vi ha veduti?
- No. Appena entrato nella grotta gli abbiamo gittato il saccone addosso: egli ha creduto chi sa che cosa: ha mandato un grido, e ha perduto i sensi. Allora, soltanto per precauzione, l’abbiamo legato e imbavagliato...
Il bandito rifletté un minuto, e disse:
- Bisogna che egli non ritorni in sè, fino a domani. Stillategli un po’ d’oppio nella gola. Poi trasportatelo via.
- Dove?
- Andate a coricarlo dietro la porta della casa di Ciancimino. Subito.
In un baleno, il sacco fu aperto. Il cavaliere di Santa Croce giaceva ancora con gli occhi chiusi, pallido, inerte. Uno dei banditi gli tolse il bavaglio; un altro apertagli un po’ la bocca gli stillò dentro, da una boccetta, alcune gocce di un liquido nerastro.
Il cavaliere si riscosse, sospirò, aprì gli occhi, che pareva non percepissero nulla, li richiuse lentamente, mormorando:
- Oh Dio!...
Allora i banditi distesolo sul sacco nero, presi i quattro capi di esso, e fattane una specie di barella, lo alzarono di peso e uscirono.
Luigi Natoli: La principessa ladra. Romanzo storico siciliano.
L'opera è la ricostruzione del romanzo originale pubblicato in dispense con la casa editrice La Gutemberg nel 1930.
Pagine 756 - Prezzo di copertina € 24,00.
Copertina di Niccolò Pizzorno
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