giovedì 19 gennaio 2023

Luigi Natoli: Diritto, in mezzo alla stanza, aveva dinanzi a sé il misterioso capo dei banditi... Tratto da: La principessa ladra. Romanzo storico siciliano.

Donna Flora di Canavilla aprì gli occhi attoniti e si guardò intorno con uno stupore, sempre più grande.
Ella si trovava in una stanza originale; una specie di padiglione, tapezzato di una elegante stoffa di seta chiara, sparsa di mazzolini di fiori azzurri, che fermata a una certa altezza da un festone di legno dorato, si raccoglieva al centro in pieghe fitte e accurate, in modo da formare la volta. Una specie di rosone, formato della stessa stoffa al quale faceva da bottone un disco convesso di legno dorato chiudeva e tratteneva al centro le pieghe. Dal disco scendeva per una catenella una lampada di cristallo e ottone, che diffondeva intorno una dolce luce.
Degli spessi tappeti nei quali predominavano le tinte azzurre erano distesi per terra. Nessun vestigio di porta o di finestre. Un tavolino bianco con dorature, due seggioline, due poltrone col fusto bianco e oro e la tapezzeria uguale a quella delle pareti, un altro tavolinetto tondo su tre piedi, a due piani presso al letto; un braciere di ottone a un angolo, arredavano quel padiglione.
Ella era sopra un letto, ancora vestita, ma coperta di una coltre pesante; il letto era anch’esso originale. Non aveva spalliere; pareva un ampio e soffice sedile, ma i guanciali e le lenzuola erano di tela finissima e orlati di trine.
V’era in tutto un senso di proprietà, un gusto signorile, qualche cosa di raffinato e nel tempo stesso di misterioso, che facevano passare donna Flora da uno stupore all’altro. Qualcosa errava nell’aria, che le procurava un lieve e non sgradito stordimento: un odore vago e non ben distinto, di droghe sconosciute. Capì che dovevano essere profumi posti ad ardere nel braciere.
Ella era sola: ma dov’era? Come era venuta in quel luogo? Chi era il proprietario di quel palazzo; perché evidentemente non poteva trovarsi che in un palazzo.
Non udiva da vicino o lontano alcun rumore; eppure vide sopra una sedia, accuratamente ripiegato, il suo mantello color cuoio e sopra il tavolino la sua grande borsa di seta, dai lunghi nastri.
Per un istinto di curiosità scese dal letto, prese la borsa, e allargatane la bocca, vi cacciò le mani.
Una gioia mista a sbalordimento, come dinanzi ad un fatto incomprensibile, si diffuse sul suo volto. C’erano dentro la borsa tutte le gioie che i banditi le avevano tolto. Chi le aveva riposte, e con senso delicato gliele aveva tacitamente fatte trovare a portata di mano, sottraendosi come pareva, ai ringraziamenti?
La sua fantasia ondeggiò fra due idee opposte che avevano in comune soltanto il sequestro della sua persona. Era stata ella catturata da banditi a scopo di ricatto? o era stata rapita da un ignoto amante? Allora cominciò a ricercare tra la folla dei suoi adoratori, se ve n’era alcuno capace di compiere un gesto così audace e romanzesco; ed esaminava uno dopo l’altro i giovani dell’aristocrazia, scapoli o ammogliati, qualcuno dei quali, in verità, violento e prepotente avrebbe potuto commettere quell’aggressione, ma non sarebbe stato capace della discrezione di cui aveva dato prova il capo dei banditi. E la taglia non corrispondeva.
Cominciò a scartare l’idea di un ignoto amante, sulla quale, come donna, e per vanità, si era fermata più lungamente. Rimaneva l’altra più volgare e brutale, che le metteva un certo sgomento: ma...
Ma un bandito le avrebbe mai restituito le gioie?
Seduta sulla sponda del letto, guardava intorno per scoprire qualche cosa, un indizio qualunque che la mettesse in grado di penetrare il mistero che l’avvolgeva; e fermò allora l’attenzione, non senza paura, sulla mancanza di porte e di finestre.
La duchessa era rimasta con la bocca aperta, sopraffatta da una specie di sbalordimento superstizioso.
Diritto, in mezzo alla stanza, sotto la luce della lampada, aveva dinanzi a sé il misterioso capo dei banditi, col volto coperto ancora dalla maschera.
- Ho sentito che vostra Eccellenza desiderava parlarmi e non ho voluto indugiare. Eccomi.
Donna Flora lo guardava con un senso di stupore e di sgomento, e nel contempo di curiosità.
Era un uomo di statura media, ben tagliato, col petto largo, i fianchi stretti, le gambe nervose. La corta giacchetta di panno turchino coi bottoni di metallo bianco, disegnava bene quel corpo, che aveva solidità e sveltezza, forza e agilità e soprattutto una eleganza disinvolta, che non era certamente da contadino.
Le sue mani e i suoi piedi erano aristocratici.
Sebbene la maschera gli coprisse metà del volto, il mento perfettamente raso e la bocca sottile e ironica avevano qualche cosa, come un segno di superiorità, di finezza.
La duchessa intuì che sotto le vesti e gli atti di un bandito si nascondeva un uomo di natali elevati. Quella maschera, che certamente non portava sempre, serviva per nascondere a lei fattezze forse note. Queste riflessioni furono più che sufficienti per acuire la curiosità della donna.
- Signore, – gli disse non senza una commozione, che dava alla sua voce un tono suggestivo. – Signore, non so ancora le ragioni che vi abbiano spinto a commettere contro di me una orribile violenza...
- Domando perdono, signora duchessa se devo contraddirla. Vostra eccellenza può affermare che da parte mia e de’ miei uomini abbia sofferto alcuna mancanza di riguardi dovuti a una donna bella e di nobiltà pari alla sua?
- Non vi sembra dunque una violenza l’avermi ucciso un cavallo e un campiere, e impedito il mio cammino, e l’avermi trasportata in questa specie di gabbia?...
- Il che, vostra Eccellenza ne convenga, è stato fatto con tutto il rispetto e con tutte le delicatezze possibili... Vostra Eccellenza non ha neppure sentito di essere stata trasportata in questa gabbia, che non è poi un orrore, per quanto indegna di ospitare una dama della vostra qualità.
Queste parole avevano un lieve tono canzonatorio, che punse la duchessa. La commozione era già vinta, ed ella aveva ripreso la sua altezzosità.


Luigi Natoli: La principessa ladra. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di fine Settecento. 
Pagine 756 - Prezzo di copertina € 24,00.
Copertina di Niccolò Pizzorno
L'opera è la ricostruzione del romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1930. 
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su tutti gli store di vendita online e in libreria. 



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