mercoledì 18 maggio 2022

Luigi Natoli: "Qui si fa l'Italia o si muore!" - Tratto da: Storia di Sicilia dalla Preistoria al Fascismo.

 
All’annunzio dello sbarco di Garibaldi, il Governo ordinava al generale Landi, che era ad Alcamo per il disarmo, di muovere contro Garibaldi; e al maggiore Sforza di congiungersi col Landi, che aveva in tal modo ai suoi ordini circa tremila uomini, con artiglieria e cavalleria. Il Governo di Napoli, dal canto suo, mandava ai Governi esteri una protesta contro «l’atto di selvaggia pirateria», accusandone il Piemonte; ordinava al generale Salazar di partire per Palermo con sedici compagnie e mezza batteria di obici, e mandava istruzioni al Luogotenente Generale.
Garibaldi, intanto, riordinava a Salemi il piccolo esercito su due battaglioni, il primo comandato da Bixio; il secondo da Giacinto Carini; un corpo scelto ben armato detto di Carabinieri genovesi sotto il comando di Antonio Mosto, l’artiglieria con l’Orsini, il Genio con Minutilla, i marinai cannonieri con Castiglia. Ordinato così l’esercito, all’alba del 15 uscì da Salemi, passò per Vita, e mandò esploratori, dai quali seppe che il Generale Landi occupava Calatafimi, donde una colonna moveva per contrastargli il passo. Era l’8° battaglione cacciatori, con cannoni e un drappello di cavalleria, bene armato, che veniva a prendere posizione sull’alto della collina, detta Piante di Romano.
È noto che i volontari dovettero, sotto il fuoco micidiale dei regi, conquistare a uno a uno gli scaglioni che formavano la collina; e che Garibaldi corse pericolo. Ma al Bixio, che disperando della vittoria gli consigliava la ritirata, rispose «Qui si fa l’Italia o si muore!» La bandiera donata a Garibaldi dalle donne di Valparaiso fu presa in una mischia eroica dal soldato Luigi Lateano; ma i cacciatori non ressero all’impeto dei volontari, e ripiegarono in disordine a Calatafimi a portarvi paura e confusione. Ma quel che non è noto, perché taciuto ingiustamente, è la parte presa dai Siciliani delle squadre; mentre è doveroso ricordare che le squadre del Coppola, dei Sant’Anna e del Colombo seguirono volontarie e che accanto ai Mille, morirono una dozzina di Siciliani e molti furono i feriti.
I volontari passarono la notte sul campo. Se il generale Landi avesse sostenuto l’8° battaglione con le truppe fresche, che aveva a Calatafimi, forse avrebbe vinto Garibaldi: ma ebbe paura di vedersi assalito alle spalle dalle popolazioni insorte, e quindi pensò di ritirarsi in fretta. Più che una ritirata fu una fuga; a Partinico e a Montelepre i regi furono assaliti e scompigliati dalle popolazioni; e giunsero a Palermo laceri, disordinati e con tutti i segni d’una grande sconfitta. Il Governo, intanto spavaldamente annunziava con un bollettino che la banda dei «filibustieri» era stata sconfitta, ucciso «il gran comandante» e prese le bandiere! A questo bollettino il Comitato ne opponeva un altro, annunziando la vittoria di Garibaldi e la sua marcia verso la Capitale.
Garibaldi infatti il 16, levato il campo, entrò in Calatafimi fra il popolo festante; fece leggere ai volontari un ordine del giorno vibrante, e, passato Alcamo, venne a mettere il campo sul pianoro di Renda, avvisandone Pilo, perché s’avvicinasse e La Masa, che si concentrava a Gibilrossa: erano le due ali dell’esercito.
Intanto la provincia di Agrigento insorgeva, Termini pure, bombardata, costringeva il presidio a chiudersi nel Castello; Catania fremeva; si formavano squadriglie. 
In Palermo intanto si succedevano dimostrazioni, qualcuna veramente grandiosa: il Comitato rispondeva al Governo: il Re sostituiva il Castelcicala col generale Ferdinando Lanza, palermitano, vecchio, ma non atto alle circostanze.
Saputa intanto la marcia di Garibaldi, il Comando generale, intuendo che egli intendesse piombare in Palermo da Monreale, spiegò le truppe regie intorno alla città e ordinò al Colonnello Von Meckel coi Bavaresi rinforzati da altre truppe, di muovere su Monreale...


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