giovedì 19 maggio 2022

Massimo Finocchiaro: Luigi Natoli e i figli della prima moglie, Emma Turretta. Tratto da: I sette fratelli Natoli.

I figli che Luigi Natoli ebbe dalla prima moglie Emma Turretta seguirono studi regolari, riuscendo quanto meno a ottenere un diploma superiore, un buon livello d’istru­zione per l’Italia di quei tempi. 
Prestissimo si affrancarono dalla famiglia lasciando Palermo: Aurelio per Milano, Mimmo per Roma, Geppe prima a Roma, poi a Milano. Su questa diaspora si può sospettare abbiano contribuito i complicati rapporti con la matrigna Teresa Ferretti. Geppe studiò a Roma, dove, con un certo ritardo, si laureò in giurisprudenza con una tesi su La filosofia del diritto ridotta alla filosofia dell’economia, incentrata sul pensiero di Benedetto Croce, che venne pubblicata e gli fornì l’occa­sio­ne per allacciare un breve contatto epistolare col filosofo napoletano. Già prima della laurea era stato attivo nel giornalismo e il 14 ottobre 1905 aveva sposato Carolina Giudice, che però morirà prematuramente. Da laureato, Geppe cercò di farsi strada nel mondo della cultura: nel 1912 pubblicò un intervento sulla rivista La Voce, intitolato L’idealismo e la filosofia del diritto in Italia. Purtroppo tale promettente inizio di carriera fu stroncato dal Giudice Istruttore di Milano che, l’11 agosto 1912, spiccò contro di lui un mandato di cattura per bancarotta fraudolenta e falso, del quale non si fece mai parola in famiglia. Geppe si sottrasse all’arresto rifugiandosi a Parigi, dove riprese a svolgere l’attività di giornalista e corrispondente e vi si stabilì. Da lui forse, dalle sue lettere e da quel che raccontava, nacque in famiglia il mito della capitale francese, centro mondiale di ogni raffinatezza e di ogni cultura.
Mimmo terminò gli studi superiori all’Istituto di Belle Arti di Napoli, durante gli anni in cui i Natoli abitarono in quella città. Qui iniziò giovanissimo l’attività di illustratore su giornali locali. Successivamente si spostò a Roma, dove si dedicò alla scultura e alla pittura, e frequentò gli ambienti intellettuali e anticlericali della capitale. A Roma prese moglie e nacquero le sue prime due figlie, Iolanda nel 1912 ed Emma nel 1914. Nel 1912 iniziò la carriera di disegnatore e vignettista, realizzando per l’editore Bemporad le tavole di Bambini e bestiole di G.E. Nuccio; nel frattempo collaborava con Il giornalino della domenica di Vamba e Primavera di Podrecca, pubblicando articoli illustrati per i quali usava lo pseudonimo di Scapin, e lavorava intensamente come giornalista.
Aurelio, subito dopo la maturità, ottenne un posto di insegnante e nel 1910 si trasferì a Milano. L’anno successivo, richiamato alle armi per il servizio di leva, optò per la ferma ridotta e partecipò da ufficiale di complemento alla Campagna di Libia. Dopo questa breve parentesi coloniale, tornò a Milano, dove si dedicò anche lui all’attività giornalistica, evidentemente un mestiere nelle corde della famiglia. Sulle orme del padre, si affiliò alla Massoneria giustinianea e aderì al Partito Repubblicano. Il 12 luglio 1913 sposò Linda Gajani. Il viaggio di nozze di Aurelio ebbe naturalmente come meta finale Palermo, per presentare la moglie a suo padre e agli altri membri della famiglia, tutti riuniti per l’occasione; tranne Geppe il quale, inviando le sue congratulazioni, fece sapere che purtroppo ragioni professionali lo trattenevano a Parigi. 
All’inizio di settembre, pochi giorni prima della sua partenza da Palermo, Aurelio invitò i suoi fratelli già adulti Mimmo, Miro e Romualdo al nuovissimo cafè-chantant all’aperto Trianon, per assistere all’esibizione di una famosa ballerina giavanese, Mata Hari. L’esotica ballerina, che in realtà era, come si sa, olandese, si produsse prima in un ballo indiano, poi in una habanera spagnola, ottenendo lunghi applausi da parte degli spettatori e un enorme successo. 
Finito lo spettacolo in un vero tripudio, i quattro fratelli decisero di approfittare della bella serata per recarsi a passeggio fino alla casa del padre, allora vicino alla piazza Ranchibile. Percorrendo il bel viale della Libertà, commentavano entusiasti la bellezza esotica della ballerina. 
Ormai quasi esaurito l’argomento, Mimmo, assente da Palermo ormai da parecchi anni, disse che lo spettacolo della Bella Mata Hari gli sembrava il suggello perfetto per la nuova atmosfera che aveva notato in giro per la città, gioiosa anche se un po’ frivola. Indicando i nuovi villini che fiancheggiavano il viale in stile dal gotico al rococò al moresco, aggiunse tra il serio e il faceto che in Sicilia si viveva un periodo di rinnovamento e di fiducia. Quest’affermazione accese un dibattito coi due fratelli più giovani che non erano d’accordo, tanto per cambiare. Questo mondo in vorticosa evoluzione, sosteneva in tono polemico Miro, gli sembrava contenere qualcosa di malato e decadente, proprio come testimoniavano quelle architetture così leziose. Romualdo, irridendo le “magnifiche sorti e progressive”, manifestò vivacemente il suo disprezzo per la vita borghese coi suoi artifizi e le sue ipocrisie, e aggiunse che solo una guerra avrebbe potuto svecchiare e redimere quella società. Aurelio ribatté definendo l’idea come paccottiglia da intellettuali romantici; un’altra guerra era necessaria, ma in nome del progresso, per spazzare via i residui in disfacimento dell’Ancien Régime e soprattutto la monarchia. La discussione si fece accesa, tra reciproche accuse di irrazionalità e di fanatismo, di nazionalismo e di mancanza di patriottismo. A un certo punto Mimmo chiese ai fratelli se non pensassero che una guerra avrebbe potuto portare al socialismo. Questa parola sembrò gelare la conversazione, che languì e si spense. Giunti a casa, il padre, che era ancora in piedi nonostante l’ora tarda, chiese loro dello spettacolo. Accalorandosi nella descrizione delle movenze di Mata Hari sul palco, i fratelli estasiati si ritrovarono d’accordo e finirono per ammettere di vivere nella più felice delle epoche.
(Nella foto Emma Turretta, su gentile concessione di Giorgio De Lorenzi) 


Massimo Finocchiaro: I sette fratelli Natoli. Le vite singolari dei figli di Luigi Natoli tra la Belle Epoque e il secondo dopoguerra in giro per il mondo. 
Riccamente corredato di foto dell'epoca. 
Pagine 340 - Prezzo di copertina € 24,00
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