lunedì 16 maggio 2022

Luigi Natoli: I preparativi per l'entrata ufficiale di Vittorio Amedeo II a Palermo - Tratto da: I Beati Paoli. Grande romanzo storico siciliano

Il discorso cadde sugli archi di trion­fo che per commissione del Senato e delle varie corporazioni e “nazioni” si dovevano costruire e decorare per l’entrata ufficiale di Vittorio Amedeo II, che sarebbe avvenuta negli ul­timi dell’anno.
Si sapeva che il duca di Savoia era partito dai suoi stati e veleggiava per la Sicilia, dove sarebbe arrivato in quei giorni per prender possesso del regno, intanto che si sarebbero fatti i pre­parativi per la decorazione. La depu­tazione del regno, il Senato, le cor­porazioni, le “nazioni” – come si chiamavano allora le colonie di paesi d’oltre il regno – si erano dunque po­ste all’opera, perchè le feste per la coronazione del Re fossero quanto mai magnifiche e solenni.
Dalla venuta di Carlo V nel 1535 fino allora nessuno dei Re che si era­no succeduti avevano mai posto piede nell’isola; nessuno era stato coronato nell’antico e nobile duomo, con la co­rona di Ruggero e Federico II: il regno s’era sentito quasi mortificato dalla trascuratezza dei suoi monarchi lontani, ai quali pur mandava larghi e generosi donativi.
Ecco invece che Vittorio Amedeo rinnovava gli antichi fasti. Egli veni­va a farsi coronare dal metropolitano di Palermo, nell’antica sede della mo­narchia più gloriosa dell’Italia, veniva a ridar lustro all’antica reggia dove Federico II aveva accolto il fiore di ogni gentilezza e donde aveva qua­si imposto la sua volontà all’Europa. Ce n’era abbastanza per destare pal­piti e speranze in tutti, ed eccitare l’orgoglio cittadino dell’antica capi­tale.
Tutta Palermo era in festa! Tutta Palermo si apparecchiava.
Un geniale e gentil pensiero aveva spiritualizzato un atto di cortigiane­ria; il Senato infatti aveva pensato di ornare il Duomo per la cerimonia dell’incoronazione di una serie di grandi quadri d’occasione, a tempera, rappresentanti i fasti della vita e del regno di Vittorio Amedeo; affidandoli ai pittori più noti che allora fossero in Palermo. Il Bongiovanni, il fiammin­go Borremans, don Antonio Grano era­no fra questi.
Il discorso cadde sugli avvenimen­ti politici di quegli anni. Ricordavano la lunga serie di supplizi seguiti dopo il 1708: frate Ignazio Vulture che so­gnava la repubblica, don Prospero Fial­di, che voleva cacciati via Francesi e Irlandesi; don Antonino Guerreri, giudice del Concistoro, perchè aveva dato ricetto a un presunto ribelle; l’ere­mita di S. Matteo che parteggiava; nelle sue prediche, per gl’imperiali, e il pittore Ganguzzo coi figli e col suocero, gente valorosa, macchinatori di congiure; e mastro Agatino Quaranta, console dei terrori; ed altri ed altri quali impiccati, quali de­capitati e i cadaveri esposti a ludibrio, con cartelli infamanti. Erano le ultime vittime che il moribondo dominio spa­gnolo sacrificava a se stesso.
Quel­la mattina 10 ottobre erano arri­vati i trenta vascelli inglesi e genove­si che conducevano Vittorio Amedeo, la sua Corte, il suo seguito nella capi­tale del regno. Approdati dapprima al­l’Arenella, e ricevuta la visita dell’arcivescovo, e poco dopo quella di al­cuni signori e de’ due deputati del Senato, le navi verso sera avevano gittato l’ancora nel Molo grande, e il re aveva manifestato la sua volontà di sbarcare il giorno dopo verso ven­titrè ore d’Italia.
Tutta la giornata un esercito di ar­tigiani aveva febbrilmente atteso ad addobbare il ponte di sbarco alla Ca­la, e i quattro archi nella piazza Vil­lena; ed ora seguitava al lume di tor­ce e di fiaccole a terminare il lavoro prima di giorno. Un via vai di carri e di baroccini, un risonar di martellate, e grida e rumori confusi, che la notte aumentava, si diffondeva pel Cassaro, intensificandosi ai Quattro Canti, echeggiando su tutta la città, chiamando i curiosi. 
L’idea di avere un re proprio ave­va infuso nelle mani l’entusiasmo delle anime. Nel fervore di quegli artigia­ni, nella curiosità stessa dei cittadini, che invece di andare a dormire se ne stavano ai Quattro Canti o alla Cala, a veder lavorare, quasi incorando con la loro presenza a far presto e bene, c’era del patriottismo. Coloro che dor­mivano quella notte avevano il sonno lieve e dolcemente ansioso.
Non eran quelli i preparativi del solenne ingresso e per la coronazione, che richiedevano un tempo più lungo e un maggior lavoro; tuttavia basta­vano a mettere in brio e in moto la città.
L’attenzione era così attirata verso i due centri di maggior lavoro, e la frequenza delle persone, anche in quel­l’ora insolita, era tale che nessuno po­teva maravigliarsi di incontrare altra gente per le strade...


Luigi Natoli: I Beati Paoli. Grande romanzo storico siciliano. 
Nell'unica versione originale pubblicata dall'autore con la casa editrice La Gutemberg nel 1931. 
Pagine 938 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
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