Due uomini intabarrati in modo irriconoscibile uscivano dalla Conceria e, attraversata la strada Nuova, si cacciavano nella strada dei Candelai, non senza prima essersi guardati intorno, con l’aria di persone che non amano esser seguite. Quando parve loro di essersi allontanati alquanto, così da non poter essere più veduti dagli insoliti frequentatori della bella strada, lasciarono l’andatura di gente che va pe’ fatti suoi, e si affrettarono come chi teme di giungere tardi.
Piegarono per la piazza del Monte di Pietà, e tiraron via per la strada Lettighe, fin presso la chiesa dei “Canceddi” ossia dei vetturali, volgarmente intesa col nome di Santa Maruzza: ivi si fermarono. Uno dei due trasse le mani di sotto al mantello, dicendo:
- Abbiate pazienza: lasciatevi bendare.
L’altro non si oppose. Il primo gli legò un fazzoletto sugli occhi e lo prese per mano, aggiungendo:
- Venite sicuramente.
Si avvicinò a una porticina bassa, tarlata, sdrucita, e raschiò con l’unghia, leggermente, come un gatto. Dall’interno, dopo un breve intervallo, rispose un altro raschìo. L’uomo allora modulò un leggero fischio. La porta si aprì silenziosamente; l’uomo prese per mano il bendato, lo trasse a sé nel vano nero, e profondo, dicendo:
- Venite. Badate, c’è un gradino...
La porta si richiuse dietro a loro.
Percorsero un breve corridoio, in fondo al quale un’altra porticina si aprì con lo stesso mistero. Entrarono in un cortiletto, in mezzo al quale nereggiava nella notte un albero contorto. Il pavimento risonò nella notte sotto i loro passi, come se fosse stato vuoto.
Discesero infatti alcuni scalini; il bendato sentì che l’aria si faceva umida e sapeva di muffa; infatti la scala scendeva per un passaggio scavato nel tufo che grommava qua e là, e rendeva lubrico il terreno. Una lucernetta, posta in una piccola nicchia scavata nella parete, spandeva una luce appena sufficiente per lasciar indovinare gli scalini. Ai piedi della scala si fermarono.
Lasciò il bendato in una specie di sala, e picchiò cinque colpi a una porta. Una voce dall’interno sussurrò delle parole misteriose, che il guidatore contraccambiò; la porta si aperse ed egli entrò in una stanza illuminata da lanterne infisse al muro. Alcune voci lo salutarono.
In fondo alla stanza v’era una specie di altare di pietra, sul quale sorgeva un Cristo in croce, fra due candele accese, e a piè della Croce era aperto un libro. Dinanzi all’altare, c’era un tavolino, al quale sedevano tre uomini mascherati, vestiti di una specie di sacco nero: di qua e di là sopra scranne sedevano altri sei uomini, anch’essi insaccati e mascherati. Sotto le maschere nere gli occhi brillavano sinistramente.
Zi’ Rosario s’avvicinò alla parete, cacciò le mani in una nicchia, ne cavò un involto, e un istante dopo anch’egli vestito del sacco e mascherato non fu più riconoscibile degli altri. Allora quegli che pareva presiedere l’adunanza fece un segno: uno dei sei si alzò e uscì; per rientrare quasi subito, traendo per mano l’uomo bendato.
- Dategli la luce – ordinò il capo.
La benda fu tolta e apparve il volto attonito e commosso di Andrea. Il passaggio repentino dalle tenebre alla luce per un minuto gli tolse la percezione esatta dell’ambiente; poi a poco a poco si assuefece, e nel momento di silenzio che regnò nella stanza guardò con stupore il luogo in cui si trovava, quasi non persuadendosi che nel cuore di Palermo si trovassero di quelle caverne, che, non infrequenti nei dintorni della città, il popolo attribuiva ai saraceni. La stanza era scavata nel tufo, con un certo criterio d’arte; aveva il tetto a volta, e nelle pareti qualche nicchia. V’erano presso l’altare vestigia d’intonaco, ma l’umidità l’aveva scrostato: si sentiva che quella grotta si trovava nel sottosuolo.
Il capo domandò:
- Voi vi chiamate Andrea Lo Bianco?
- Illustrissimo, sì.
- Qui non vi sono illustrissimi; vi sono fratelli.
Il capo tacque un minuto, indi riprese con voce solenne e commossa:
- Andrea Lo Bianco, tu sei entrato in un luogo nel quale nessun profano ha messo mai il piede; ma ciò impegna la tua vita forse in un modo che tu non immagini. Sei tu sicuro di mantenere le tue promesse? Se non lo sei, dichiaralo: sarai accompagnato nel modo stesso col quale sei venuto, e sarai lasciato libero; noi abbiamo fiducia nel tuo silenzio; ma se dichiari di esser sicuro, bada, Andrea Lo Bianco, che non ti concederemo più di ritirarti, e che accanto, dietro a te, in strada, in chiesa, nella tua casa stessa vi sarà sempre invisibile e infallibile il braccio vendicatore della nostra giustizia...
Andrea rispose:
- Io ho fede in voi; abbiate voi fede in me. Voi siete qui per la giustizia, io per la vendetta. Voi mi avete salvato, e siete padroni della mia vita: io pongo tutto me stesso al servizio vostro.
- Sta bene. Fratelli, a voi.
I sei uomini mascherati si levarono e circondarono Andrea; a un cenno tutti nello stesso tempo trassero dal nero sacco che li copriva un lungo e affilato pugnale, e gliene fecero balenare la punta agli occhi: due di loro poi, rapidamente, afferrarono Andrea, gli denudarono il braccio sinistro, e con la punta del pugnale vi scolpirono una piccola croce. Il sangue fiorì sul braccio nudo. Allora uno dei tre che sedevano al tavolino si alzò, prese il libro dai piedi del Crocifisso, lo pose sul tavolo, cavò da una scatoletta una penna, e, intintala nel sangue, la porse ad Andrea.
- Andrea Lo Bianco – riprese il capo – questo libro contiene i santi evangeli e le lettere del santo apostolo Paolo. Apponi la croce col tuo sangue su questa pagina; e giura di obbedire ciecamente a quanto ti verrà imposto; giuralo pei santi evangeli, pel santo apostolo Paolo, pel tuo sangue, che sarà versato a stilla a stilla; giura che serberai il segreto di quanto udrai e vedrai; e che nè tortura nè allettative ti strapperanno dalla bocca un solo accenno; giura che il tuo corpo e l’anima tua apparterranno ora e sempre a questa venerabile società dei Beati Paoli, in servizio della giustizia, in difesa dei deboli, contro ogni prepotenza e violenza di governo, di signori, di preti.
Andrea con mano ferma tracciò una grossa croce, a piedi della pagina che gli si mostrava, e disse:
- Lo giuro; e che questa croce scritta col mio sangue segni la mia sentenza se io verrò meno all’obbligo mio.
- Che Dio t’assista e il Beato Paolo apostolo ti armi del suo zelo, e ti dia la sua spada! Ora rispondi. Tu eri al servizio del duca don Emanuele?
Luigi Natoli: I Beati Paoli. Grande romanzo storico siciliano.
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