martedì 26 aprile 2022

Luigi Natoli: messer Bernardo Cabrera. Tratto da: Il Paggio della regina Bianca. Grande romanzo storico siciliano.

Bel maggio quello del 1401; ma a Modica faceva caldo, e sebbene il castello, l’antico castello dei Chiaramonte sorgesse sopra l’alta rupe soprastante al quartiere di San Giovanni, non vi alitava un fiato di vento. 
Sotto l’azzurro cupo del cielo l’aria pareva si fosse fermata. Gli alberi stavano immobili, colpiti dalla luce viva e sfolgorante; le acque del torrente parevano lamine di metallo. 
Fuori nella campagna circostante era un gran silenzio; nel borgo, silenzio. Ma non era ancora mezzodì.
Nell’ampia sala da pranzo, le cui finestre dominavano la vallata coperta di boschi, la tovaglia candidissima su la quale trionfavano vasi d’argento e d’oro, aveva anche essa una aspettazione piena di silenzio. 
Il seggiolone di quercia, dall’alta spalliera intagliata, coperto di cuoio verde e costellato di borchie di bronzo dorato, era vuoto, dinanzi all’unico posto. Ma dinanzi alla finestra v’eran due personaggi. 
Uno era giovane, coi lunghi capelli di un biondo rossiccio che gli cadevano, tagliati tondi, sulla nuca e sulla tempia, di sotto a una berretta bassa, e larga di fondo. 
Egli volgeva le spalle alla sala, e non si vedeva in volto; ma dal panno della cioppetta (specie di giubba) che gli scendeva al ginocchio, dalla grossa catena che gli circondava il collo, dalla giarrettiera smaltata che gli cingeva il ginocchio appariva un alto personaggio. 
Ma più ciò appariva dall’atteggiamento rispettoso dell’altro, che gli stava un po’ indietro, e a capo scoperto. 
Era un uomo di una cinquantina d’anni, alto, vigoroso, coi capelli grigi sulle tempia, gli occhi grigi nei quali era qualche cosa di felino, la mascella forte. Era accuratamente raso, come voleva la moda dei tempi, e indossava la cioppa lunga di seta segno che era un uomo di qualità; le maniche della camicia ricamate di seta erano ai polsi tenute da grossi bottoni di filigrana d’oro. 
L’uno e l’altro calzavano scarpe di panno di lira (così detto perché veniva da Liria, città spagnuola) insomellate, cioè, solate, con la punta acuta, e aperte sul malleolo.
Dopo un istante il giovane si voltò, guardò il suo compagno con una espressione di supremo fastidio, e disse: 
- Messer Bernardo, mi annoio.
Il vecchio rispose:
- Vostra maestà ordini quel che vuole per cacciar la noia, e metterò sossopra la contea e anche il regno per contentarla; ma non mi trafigga l’anima con quelle parole, perché mi paiono un rimprovero alla devozione che ho per la vostra Celsitudine.
Le parole avevano significato umile e rispettoso; ma il volto del vecchio rimaneva duro e impassibile, quasi astioso. 
Egli era messer Bernardo Cabrera, conte di Modica e grande giustiziere del regno di Sicilia.
Veramente egli si fregiava di ben altri titoli. Era in Spagna visconte di Cabrera e di Bas, conte di Ossuna, signore di Monclus, Hostalric, Arginon e Parafolls: piccole terre, parte ereditate, parte concesse dal re d’Aragona, del quale aveva in moglie una nipote. 
In Sicilia aveva raccolto gli stati e gli uffici della nobile e gloriosa famiglia dei Chiaramonte, e diventava in breve il primo feudatario del regno. 
Possedeva la contea di Modica, con le terre di Modica, Ragusa, Chiaramonte, Scichili, Monterosso, Giarratana, i casali di Durillo, Comiso, Spaccaforno, la torre e il porto di Pozzallo, le saline di Marsa e di Murro, il feudo di Daratre e ventidue tenimenti di terre; era obbligato al servizio militare per ventisette cavalli, oltre ai pedoni; e godeva di tali e tanti privilegi e prerogative, che il suo stato formava una specie di regno nel regno. 
Oltre alla parentela col re Martino, i servizi resi da lui al re e al padre del re (il vecchio duca di Montblanc) in Spagna e nell’isola, avevano potuto far pesare a suo beneficio i favori particolari del monarca. Era stato infatti eletto grande giustiziere. 
Era diventato così il personaggio più popolare e autorevole del regno, ed esercitava un grande ascendente sull’animo del giovine re; ciò lo faceva segno a gelosie, invidie e malcelate animosità...
Non era benvoluto; troppa arroganza era nei suoi modi; troppa crudeltà aveva mostrato durante il lungo e fiero duello fra il baronaggio dell’isola e i due Martini, venuti a conquistare il regno, e a gittarvi tutto un nuovo branco di hidalghi morti di fame e di piccoli signori che tremavan di freddo nei loro miseri castelli di Catalogna. 
Ah! la Sicilia era ancor ricca; e baroni da spogliare ce n’erano ancora. 


Luigi Natoli: Il Paggio della regina Bianca. Grande romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1401, quando ebbe fine l'epoca chiaramontana. 
Pagine 726 - Prezzo di copertina € 22,00
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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