venerdì 15 febbraio 2019

Luigi Natoli: Un agguato. Tratto da: Il Paggio della regina Bianca

Spalancato l’uscio della camera, cinque o sei uomini, armati di picche e di spade, si affollavano su la soglia, tenendosi in guardia.
Stupito, non sapendo che cosa volessero, chi fossero, Giovannello ebbe appena il tempo di spingere Tarsia dietro di sé, e mettersi sulla difesa, col corpo raccolto in dentro, il braccio disteso, coperto dalla lama della spada, che aveva dei lievi guizzi, dei balenìi sinistri.
Coi capelli scomposti, il viso tagliente, le mascelle serrate, l’occhio sfolgorante; in quell’atteggiamento nervoso, che pareva dovesse da un momento all’altro scattare come una molla di acciaio, Giovannello era magnifico. Tarsia tremava, muta, con gli occhi sbarrati, guardando gli assalitori; i quali fermi su la soglia, sembrava studiassero l’attacco. Forse non s’aspettavano una resistenza, credevano di prendere Giovannello  di sorpresa, o di atterrirlo col numero; e invece lo vedevan lì, impavido, risoluto, nell’atteggiamento di chi minacci, non di chi si difenda.
Questa pausa durò un minuto, che parve lunghissimo: Giovannello ne approfittò per dire a Tarsia:
- Togli la lampada e fa lume dal letto.
Ella capì; rapidamente prese la lucerna, da un tavolino, e la sollevò in alto, con mano tremante.
Una voce disse:
- Che facciamo? Ci lasciamo tenere a bada da un ragazzo?
Gli uomini che erano dietro spinsero quelli che erano avanti: due picche dardeggiarono, stridettero, cozzarono fra loro, sviate dalla spada di Giovannello. Ripeterono il colpo; invano. Giovannello con una mossa fulminea, misurata la distanza, e vedendo già, dietro i due armati di picca, avanzarsi gli altri con le  spade in pugno, gittò un salto innanzi, stringendo le misure delle picche, e rendendole quasi inutili, e vibrano due colpi, che non andarono a vuoto.
Tutto ciò avvenne in un tempo assai minore di quello che occorre a dirlo. I due uomini caddero, come fulminati, prima ancora che gli altri, premendosi e stringendosi avessero superata la soglia: caddero l’uno su l’altro, barricando quasi il passaggio, offrendo a Giovannello una specie di difesa.
Avvenne allora una zuffa terribile, spaventevole. I quattro uomini l’un dopo l’altro, scavalcando i caduti, si gittarono nella camera, per circondare Giovannello; egli si restrinse a un angolo per aver sicure le spalle. La lucerna, illuminando i quattro assalitori, lo lasciava quasi in ombra, ciò che per lui era un vantaggio. Le quattro lame, stridendo, cozzando, cercarono invano di farsi strada: Giovannello, fermo sui garetti, in una guardia mirabile, si teneva sulla difesa, aspettando il momento di poter a uno a uno assalire i suoi nemici. Tutta la sua vita pareva trasfusa nell’occhio e nel pugno; pareva dal pugno penetrare nella lama, che guizzava con  balenìi di fuoco, rapidissimamente; correndo alle parate, scartando, minacciando. Quale puntata l’aveva appena sfiorato, lacerando la camicia, senza colpirlo.
I quattro sbalorditi di quella resistenza, scornati di esser tenuti a bada da un ragazzo, sbuffando, bestemmiando, gli si stringevano addosso, evidentemente per prenderlo a corpo a corpo.
- Corpo di Dio! – gridò uno di loro; - il lupicino ha le zanne lunghe… Su! È una vergogna per noi!
Per la camera con lo stridore dei ferri si udiva il grugnito ansimante dei quattro malandrini, l’anelar di Giovannello, le invocazioni di Tarsia, che, tremando, incoraggiava l’amante e lo raccomandava all’aiuto dei santi.
- Santa Vergine proteggetelo!... Sant’Agata gloriosa difendetelo voi!... Sta saldo, Giovannello… Abbi fiducia; il Signore ti aiuta!...
A un tratto, levando un gran grido feroce, i quattro assalitori si lanciarono per farla finita. Tarsia mandò un grido di spavento; ma quasi nel tempo stesso uno dei quattro vacillò, barcollò, cadde fra gli altri tre, impacciandoli. Giovannello approfittò di quell’attimo, per mutar tattica, si gittò sul più vicino, e gli spaccò il capo con un fendente. Gli altri due indietreggiarono. Vi erano per terra cinque caduti.
I tre superstiti si fermarono stupefatti, non osando rinnovare l’attacco. Giovannello taciturno, con le mascelle serrate, le mani frementi, ansante, si appoggiò alla spada, per riposarsi. Aveva le vesti a brani, e qua e là una piccola goccia di sangue
- Sei ferito? – gli domandò Tarsia ansiosamente.
- No, – rispose; e poi aggiunse: – Orsù, sbrighiamoci!...
Tarsia aveva mutato la paura in ammirazione. Sei uomini erano stati abbattuti da quel giovane, che pareva avesse nel petto cento anime; Giovannello agli occhi suoi diventava un gigante, un personaggio straordinario, ed ella sentiva empirsi di orgoglio, al pensare che questo personaggio straordinario era suo, tutto suo!... Ora lo spavento provato da principio erasi dileguato dal suo cuore e sostituito da una fede nella invincibilità del suo diletto: e gli sorrideva, pallida, con gli occhi lagrimosi, tremante ancora.
Giovannello si mosse pel primo ad attaccare gli altri due, che si posero in guardia; e si sarebbe sbarazzato di essi in un momento, quando dall’altra camera udì una voce aspra e impaziente, gridare:
- Ebbene? non vi siete ancora sbrigati, poltroni?...
Tre uomini, armati anch’essi, e col volto coperto, venendo su da la scala, recavano un nuovo soccorso agli aggressori; Giovannello, che credeva di sbrigarsi, si vide dinanzi cinque avversari, dei quali tre freschi di combattimento: egli era stanco; e capì che la lotta mutava. Guardò Tarsia, che era divenuta ancor più tremante e più pallida. Pensò:
- Questa è l’ultima notte…


Luigi Natoli: Il Paggio della regina Bianca. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1400. 
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1921. 
Prezzo di copertina € 23,00 - Pagine 703
Disponibile su Amazon Prime
Disponibile presso Librerie Feltrinelli. 
Illustrazione dal volume originale del 1921

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