mercoledì 13 febbraio 2019

Luigi Natoli: Guy e la Grande Guerra. Tratto da: Alla guerra!

Guy, avvolto nella mantellina, percorreva la linea degli avamposti, e pensava al domani.
Fino allora, salvo quel piccolo episodio con gli ulani, egli non aveva visto la guerra davvicino. Da venti giorni circa non aveva fatto che marciare avanti e indietro, per paesi ignoti, non udendo della grande guerra, che l’eco lontana. Ora si trovava sul campo di questa grande guerra, della quale le grandi manovre non erano che una rappresentazione coreografica.
Sì, nelle grandi manovre si dormiva per terra sotto le tende, si facevano lunghe marce sotto la sferza del sole ardente, si consumavano molte cartucce, si facevano delle cariche alla baionetta, con slancio… Ma era un gioco. Non scoppiavano gli obici tra le file, nessuno cadeva con un grido, con un gemito, squarciato il petto o fracassata la testa dalla mitraglia; nessuno rientrava nell’accampamento con la baionetta, con le mani intrise di sangue…
Guy pensava al domani. Domani sarebbero giunti i tedeschi; gli ulani li avevano già annunziati; nell’aria immobile si sentiva quasi il rombo pesante e fosco della loro avanzata. Pareva che un fremito percorresse la terra, sotto il passo di quei reggimenti ferrigni, che marciavano con una cecità fanatica, verso la vittoria o la morte, passando, senza fermarsi, sui loro fratelli caduti. Domani quel borgo, che dormiva tranquillo nell’ombra, tra’ fanali spenti, sarebbe diventato un inferno; la Sambra, che mormorava dolcemente fra le colline degradanti coi loro boschetti a specchio, sarebbe stata turbata e insanguinata.
Ma dormiva veramente la borgata? dentro le case buie e serrate, la gente forse non trepidava nell’aspettazione del terribile ignoto?
Guy provava una strana sensazione. Non era paura; tuttavia un lieve fremito, di tanto in tanto, ad ogni più lieve rumore, gli scorreva a fior di pelle.
Il latrar lontano di un cane gli faceva spalancar gli occhi nell’oscurità. Passando accanto alle sentinelle che passeggiavano col fucile su la spalla, dopo aver dato la parola d’ordine, raccomandava di stare attenti.
Non era paura. Era un sentimento quasi di oppressione e d’ansia, generato dall’aspettazione del prossimo nembo. I primi colpi, le prime cannonate sarebbero appunto piovute contro i suoi cento uomini, in quella posizione estrema; il primo urto della battaglia avrebbe cozzato contro quel manipolo. Probabilmente quel soldato che passeggiava su e giù vigilando per la salvezza dei compagni, sarebbe caduto pel primo; e non sapeva o non pensava che la morte gli era sospesa sul capo. E anche lui.
Perché no?...
Pensava alla sua casa, e pensava a Ginevra. Nelle prime ore della sera, in un piccolo caffè aveva scritto due lettere, una alla mamma, l’altra a Ginevra; e le aveva spedite; poi aveva in un taccuino, che era il suo piccolo diario, scritto alcuni pensieri. Sulla prima pagina, per ogni evento, aveva già scritto una nota: Chi troverà questo taccuino sul mio cadavere, abbia l’animo gentile e pio da inviarlo a M.r Vandois in Parigi, rue Jouffroy, 26. Aveva raccolto in quel libretto, giorno per giorno, pensieri, osservazioni, confessioni; vi aveva narrato la storia di quel suo amore del quale la famiglia non sapeva nulla, vi aveva confidato i suoi sogni, le sue ambizioni; tutto l’animo suo, in quel che aveva di più segreto e sentimentale.
Ora pensava a questo taccuino. Se egli cadesse, qualcuno glielo ritroverebbe addosso ed eseguirebbe religiosamente il suo desiderio… Ah! l’arrivo di quel cimelio nella sua casa a lutto!... Immaginava la scena, rivedendo tutti i personaggi; l’on. Cadenat col suo cranio lucido e la sua eloquenza di deputato che parla soltanto fuori della Camera, avrebbe fatto un bell’elogio. Guy, l’udiva: l’on. Cadenat consolava madama Vandois, dicendole:
- Non bisogna piangere! Guy è morto da eroe, per la Francia: è una gloria per voi!
Probabilmente l’on. Cadenat avrebbe ottenuto il cadavere per sotterrarlo al Montmartre. Lì, in fondo al terzo viale a destra, dov’era la sepoltura gentilizia; e vi avrebbe elevato un cippo, col suo ritratto, con una iscrizione eroica, tra due palme e fronde di lauro e di quercia…
Egli si pensava morto; ma serbava nella morte tutte le sensazioni e le percezioni del mondo esterno, e tutta la forza del suo cervello: non potendo, mentre era pur vivo e camminava, immaginare l’annichilimento completo, il nulla, questo immenso infinito vuoto, che nessuno spirito, per altro, può concepire, se non imperfettamente. 


Luigi Natoli: Alla guerra! Romanzo storico ambientato nella Francia del 1914. 
Nella versione originale pubblicata per la prima ed unica volta a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1914. Raccolto in unico volume di 950 pagine ad opera de I Buoni Cugini editori. 
Copertina e illustrazioni interne di Niccolò Pizzorno. 
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