Per la nobiltà messinese, l'avversario da
combattere era potente. Aveva per sè la ricchezza, la coltura, la tradizione;
vagheggiava anche – ma non palesemente – ideali di una più larga autonomia, e
forse anche di indipendenza dalla monarchia spagnola; aveva infine nel
suo grembo un organismo potente, non ignoto al governo, ma quasi invulnerabile: una società segreta, una specie
di carboneria e di frammassoneria, di settanta membri,
chiamata appunto per questo numero, la Setta, della quale soltanto i capi conoscevano lo scopo,
ma i cui membri erano fedeli, arditi, capaci di tutto, e contavano grandi
aderenze nel patriziato e nelle maestranze.
Egli
era un affiliato alla Setta, fin da quando Giovanni Alfonso Borrelli, il grande
scienziato che insegnava le dottrine galileiane nello studio di Messina aveva
fondata o riordinata questa associazione segreta; specie di carboneria o di
massoneria che aveva finalità politiche, l'indipendenza dallo straniero e la
repubblica.
Luigi Natoli: I Cavalieri della Stella o La caduta di Messina.
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