Il capo dei saraceni si fermò
dinnanzi ai suoi, e disse con superba arroganza:
- Cavaliere, di che paese tu
sei?
- Io sono del reame di
Francia.
- E come ti chiami?
- Guerrino.
- Dove meni cotesta
damigella?
- A casa di suo padre.
- Per mia fè, che tu non la menerai
più oltre, chè mi piace, e la voglio per me; e poiché tu sei un bel cavaliere,
ti vo’ risparmiare la morte. Lasciala dunque, e vattene via!
- Sembra che tu abbia la
morte ai tuoi comandi! Ora io ho promesso di condurla a suo padre, e prima che
tu l’abbia, devi provare la mia spada.
- Tu osi? Non sai che questa
mia spada si chiama Durlindana?
- La mia si chiama Gioiosa.
Subito i due cavaliere
ingaggiarono il combattimento, e i colpi risonarono sulle armature con stridere
di ferracci. Fioravante ebbe il capo intronato da un fiero colpo del saraceno;
per converso, raccomandatosi a Dio, gli menò con la spada, e gli strappò il
cimiero e gli altri adornamenti. Fu un aspro battere e ribattere; gli scudi
erano ridotti in pezzi, il sangue affiorava al saraceno, da due ferite ed egli,
stanco, prese a dire:
- Cavaliere, non so chi tu
sia, ma puoi vantarti di aver resistito a questa spada; però non potrai vivere;
chè ove tu mi vincessi, i miei ti verrebbero addosso. Cedimi dunque la
damigella che non potrai difendere.
- S’io ti sono vincitore, che
mi importa di quelli che ti seguiranno? Non varranno, chè la mia fede è
maggiore della tua. Ma perché, se tu sei gentil cavaliere, assalisci coloro che
vanno per la loro via? Lasciami andare con la mia compagna, e non combattere
contro ragione.
- Io sono signore di questo
paese, e chi entra nel mio paese ha da fare la mia volontà.
- E tu come ti chiami?
- Io ho nome Finaù, e son
figlio di re Galerano; per questo rendimi la donna, e vatti con Maometto!
- Ora vedrai come te la
renderò.
E Fioravante strinse la
spada, e si lanciò contro Finaù e lo ferì, e poi gli ruppe la visiera e forse
l’avrebbe steso morto, se non fosse intervenuto il caso. Il sipario si abbassò,
chè il primo atto era terminato.
Fioravante strinse la spada,
e si lanciò contro Finaù e lo ferì, e poi gli ruppe la visiera e forse
l’avrebbe steso morto, se non fosse intervenuto il caso. Il sipario si abbassò,
chè il primo atto era terminato.
Il secondo cominciò nella
corte di re Galerano, che aveva fatto un sogno, nel quale gli era apparso un
lioncello e un leone, che sbranato Finaù e molti altri, ne venivano contro di
lui. Perciò chiedeva alla sua corte consiglio. I cortigiani furono d’accordo
nel riconoscere che grave era il caso, e che conveniva di correre in armi alla
campagna. Così fecero. Mutò la scena, e si vide Fioravante che aveva prostrato
due saraceni, e Finaù ridotto a mal partito. Allora si gittarono in corpo sopra
Fioravante, lo presero e lo legarono.
La damigella, che era rimasta
in disparte, pregando, fu dal furibondo Finaù rovesciata in mezzo alla strada:
se non che, un saraceno gli osservò che v’era in più in là un casolare mezzo
diruto, dove avrebbero condotto Fioravante, e Finaù avrebbe fatto la sua
volontà. E così fecero. Fioravante fu legato a una colonna e percosso con
verghe mentre Uliana in ginocchio pregava. E qui terminava il secondo atto.
Nel terzo ecco Rizzeri. Egli
giunge nella baracca, e incontra i due saraceni uccisi e quel terzo che prima
era fuggito, inginocchiato su di essi piangendo; il quale, interrogato se
avesse visto un cavaliere con la sopravveste verde, si levò e gridando: -
“Traditore famiglio, tu porterai la morte pel tuo signore!” – gli corse
incontro e lo battè sopra lo scudo. Rizzeri disse:
- Compagno, vuoi tu morire?
Ma quello gli tornò addosso
più inferocito, e allora Rizzeri con un colpo di spada gli distaccò il capo dal
busto; indi, riprese l’andare. Ma si accorse che per terra erano molti pezzi
d’arme e la cavezza del cavallo di Fioravante.
- Qui v’è stata battaglia.
Che ne sarà di Fioravante?
In questa, trovandosi vicino
al casolare, udì una voce raccomandarsi a Dio. Rabbrividì.
- Questa è la voce di
Fioravante!
Allora con un salto entrò nel
casolare, e il primo in cui s’incontrò fu Finaù, e lo passò da una parte
all’altra, poi uccise due altri saraceni, e gli altri fuggirono. Allora sciolse
e liberò Fioravante, l’abbracciò, e conobbe Uliana, che ringraziò Dio d’averla
tratta da un grande pericolo. Presero le armature di Fioravante, il quale tolse
a Finaù la Durlindana, e voleva darla a Rizzeri, ma questi non la volle, e
accettò Gioiosa; e avendo saputo che Fioravante si faceva chiamare Guerrino,
mutò nome anche lui, e disse di chiamarsi Buon Servo.
Luigi Natoli: Fioravante e Rizzeri
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