Un giorno, era nel 1219, dalle moltitudini del Monte Carmelo
giungeva ad Alessandria un vecchio eremita: pallido, affranto dal lungo
viaggio, egli non chiese un ospizio per posare le membra, né un’osteria per
rifocillare le forze; i suoi occhi sfavillavano di una luce strana: egli chiese
dove fosse il palazzo del patriarca, di Atanasio palermitano, della nobile
famiglia dei Chiaramonte.
E quando egli fu al conspetto del patriarca:
- Padre, benedicimi! – disse – io sono Angelo eremita; vengo
da Monte Carmelo; recomi per divin volere a Palermo... Ho avuto una visione, ho
visto il Signor nostro, che mi ha detto: – Sorgi, o figlio, e portati ad
Alessandria: ivi il vescovo ti darà la mia immagine scolpita da Nicodemo, le
reliquie di Giovanni Battista, di Geremia profeta, di Giorgio, e l’immagine
della Madre mia, dipinta da Luca; affinchè trasportati in Italia, si
sottraggano al furore degli empi. Ed eccomi a te, o padre; benedicimi, e compi
il volere di Dio!
Atanasio abbracciò il frate, si inginocchiò e sclamò:
- Te beato, o figliolo, cui la pietosa opera fu affidata!
E così Angelo ebbe il prezioso carico ed entrò in mare; e
dopo avere alquanti dì navigato, giunse in Palermo, e cercò il fratello di
Atanasio, il magnifico Federico Chiaramonte, signore di Caccamo, cavaliere di
Papa Onorio III, e difensore della Fede.
Quando si
seppe di questa venuta, in folla trasse il popolo al porto, parendo a ognuno
uno speciale favore del cielo.
E il Crocifisso in solenne processione attraversata la città
vecchia, per la porta di Bosuemi passò nella Brigaria e di lì nella Kalsa, fino
alla chiesa di S. Nicolò dove era la cappella dei Chiaramonte. Ed ivi fu
deposto il bel Crocifisso di Nicodemo nell’anno 1220.
Passano cento anni: altra gente è a Palermo, altri usi.
Francesco Antiocheno è arcivescovo, e Manfredi Chiaramonte il più potente barone
dell’isola.
Un bel giorno Manfredi, che sognava sempre nuovi favori da
concedere ai suoi concittadini, fa levare il Crocifisso di Nicodemo, e l’offre
in regalo alla Cattedrale.
- Non è giusto che l’opera sì illustre, anzi divina, abiti
una cappella privata: appena gli è degna stanza la vasta cattedrale gotica.
E una processione più grande, più ricca della prima, più
solenne, trasporta il simulacro. I canonici in paramenti lo ricevono sulla
porta d’ingresso, e fra il salmodiar grave e il fumo degli incensi, la sacra
effigie è condotta per le navate della chiesa....
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Nella foto: il Crocifisso della Cattedrale, protagonista della leggenda.
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