Era un bell’affare quello ideato dal signor duca di
Terrabruciata! Non s’imbarazzava don Calcedonio della scelta, potendo egli al
modo stesso dare una rappresentazione tratta da Buovo d’Antona come da Orlando
o da Bradamante e Ruggero; né si preoccupava di avere chi lo coadiuvasse; né di
dover portare qualche altro paladino; ma, piuttosto della lingua che avrebbe
dovuto usare. Egli adoperava il linguaggio fabbricato da lui, tra italiano e
dialettale, spesso
dialetto con desinenze italiane o lingua con desinenze del dialetto; il
che formava un cibreo saporitissimo, al quale davano colore le frasi più
pittoresche e più volgari del vernacolo anzi del gergo, messe in bocca ai
paladini. Ma poteva adoperare lo stesso linguaggio nella sala del duca? Ecco il
busillis!
Andò intanto ad avvertire Cosimo, il suo aiutante, che sapeva imitare le voci di donne; e non potendo portare su l'organino in casa d'altri, andò a trovare un vecchio suonatore di violino, perché al modo antico, nascosto nel teatro, accompagnasse col solito mi, do, re, i combattenti. Poi scelse fra i vari cartelloni dipinti quello che diceva: "Orlando combatte con Ferraù di Spagna e lo abbatte".
La sorpresa delle signore e delle signorine vedendo il
cartellone, e le risate che accompagnarono le papere infioranti il linguaggio
di don Calcedonio, lo spasso che quei combattimenti suscitarono non si dicono; solo diremo che
alla fine (lo spettacolo non durò più di mezz’ora) don Calcedonio ricevette dal
mastro di casa una busta contenente cinque biglietti da cento lire. Fu un altro
spettacolo. Si aspettava che il duca gli regalasse duecento lire: ma
cinquecento? Si profuse in ringraziamenti; e per non essere da meno del signor
duca, ne regalò alla sua volta, trenta al suonatore e settanta al suo aiutante;
il resto lo intascò lui, ma cominciò a pensare a quello che poteva fare con quelle
quattrocento lire piovutegli dal cielo.
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