giovedì 29 ottobre 2015

Luigi Natoli nel romanzo Ferrazzano, dove si recita la commedia "l'Amore beffato", con Ferrazzano nella parte di Florindo e Floristella nella parte di Rosaura.


La musica terminò di sonare, lo squillo di un campanello impose il silenzio, una specie d’attore si affacciò da un lato della scena e annunziò il titolo dello spettacolo: era “L’Amore beffato”. Un mormorio ridevole si propagò per la sala, perché il pubblico capì che s’alludeva a una avventura capitata in quei tempi a un signore, e che aveva fatto le spese della città. Si tirò il velario; cominciava lo spettacolo.
La scena rappresentava una bella stanza, con la porta comune in fondo, un armadio a destra, una specie di consolle a sinistra; innanzi, presso l’armadio, un tavolino. Una giovane donna era seduta accanto il tavolino, era l’attrice Floristella che sosteneva la parte di donna Rosaura ricca vedovella. Ella in quel momento si lamentava col “destino crudele”, che la esponeva a subire le ridicole pretese di Geronte, vecchio e gottoso, che per disposizione del morto marito doveva impalmare la sua vedova, se era destinata a passare a seconde nozze. Dopo un soliloquio lacrimoso, pieno di frasi pescate nel frasario sentimentale degli arcadi, viene Florindo, che era Francesco Ferrazzano il cui apparire sulla scena fu accolto da un mormorìo piacevole. S’aspettavano fin dalle prime battute le consuete arguzie, ma stavolta Florindo era serio, il che produsse una certa delusione. Egli diceva:
- Bene mio, che avete? Vi ho forse offesa?
- Ahimè! Se fossi offesa da voi, ne ringrazierei il cielo, perché potrei dissipare appunto quello che mi ferirebbe; ma voi non c’entrate, anzi, se è vero che mi amate, ne siete voi stesso offeso; e non da me.
- Dite dunque, perché siete cotanto afflitta? e perché io ne rimango offeso?
Allora Rosaura narra del vincolo impostole dal morto, e ricordatole dal vecchio Geronte, il quale sarebbe venuto più tardi per ricevere da lei il consenso.
- Ah cuor mio, come farò?
- E per questo voi siete così prostrata? Spianate la fronte, e sollevate lo spirito; non passerà la sera che il signor Geronte ritirerà l’impegno assuntosi.
- Come? Voi mi aprire il cuore alla speranza?
- Più che la speranza, vi dò la certezza.
In questo frattempo si sente rumore; è Geronte che viene. Florindo dice in fretta:
- Su presto, una zimarra e un paio di occhiali e se l’avete, un berretto dottorale. La buon’anima di vostro marito li aveva.
- Ah! in quell’armadio!
Aprono e in un batter d’occhio Florindo si trasforma in un dottore, e dice a Rosaura:
- Sdraiatevi, e fingetevi ammalata di nervi, e secondatemi, senza però tradirvi.
Hanno appena il tempo ella di buttarsi in una seggiola a bracciuoli, egli in piedi innanzi a lei, tenendole il polso, e sussurrandole a voce bassa: – Svenite, – che entra Geronte zoppicando.
Alla vista di Rosaura svenuta grida:
- Che è successo?
Ma Florindo si pose una mano sulla bocca:
- Zitto, per amor del cielo! Non vedete che ha gli accessi furibondi?
A queste parole Rosaura mandò un grido, e si contorce tutta con grande spavento del vecchio Geronte; e Florindo mentre trattiene i polsi della finta ammalata, gli spiega la natura del male che affligge, usando parole scientifiche, che l’altro non capisce.
- La signora è afflitta da una malattia che in scienza si chiama “anafragisma”, la quale consiste nell’ingrossamento del nervo maiuscolo e minuscolo che si appella “callustron”, e serve a distinguere ciò che non c’è. Laonde avviene che le “sistole” e le “diastole” invece di andare unite, si dividono in particelle; che si collocano nel vuoto e formano quella zona che si dice la zona del “cataplus”. Onde avviene che il “difaros”, ossia il “fenuscolo” diffuso per tutto il corpo, diviene eccitabilissimo e produce le convulsioni… Ma che fate voi? trattenete questo braccio!... Dunque, produce le convulsioni e genera la pazzia.
A queste parole Geronte lascia il braccio spaventato, ma Florindo lo rimprovera:
- Ma trattenete il braccio!
- Ma se è pazza?
- Non lo è ancora. Voi siete il nonno di questa signora?
- Oh! che dite mai! nonno! sono il fidanzato…
Al sentir questo l’ammalata mandò altissime grida, e levatasi repentinamente si gitta sopra Geronte con le unghia pronte a graffiarlo.
Il pover’uomo si tirò indietro spaventato, e Florindo freddamente commenta:
- Non vi date pensiero, signor fidanzato, questi sono i primi accenni della incipiente pazzia.
- Incipiente dite?
- Che cosa è la pazzia? “Idest insania vel dementia vel amentiaetc.” È una perturbazione della mente, la quale si manifesta con atti disordinati; e di solito graffiando e mordendo chi gli sta vicino. Da dove nasce ciò? dal Versiero “quod absit et quoqunque californius exspettoratus” come dice il dotto Almagesto; e in certi casi è necessario raccomandarsi ad un padre di san Basilio o ad un mago o stregone che cacci il Versiero.
Rosaura intanto si dibatte, e minaccia di mordere Geronte, che va indietreggiando, e quistiona Florindo; il quale dopo esserne pregato gli promette di spedirgli uno stregone. E poiché Rosaura accenna a calmarsi, fa per andarsene; ma Geronte salta su e grida che non vuol rimanere solo con Rosaura, e fugge di qua e di là. Florindo ne approfitta e si nasconde rapidamente nell’armadio. Il povero Geronte spaventato della sparizione di Florindo e di trovarsi solo con Rosaura grida; ma in questa l’ammalata cade priva di sensi. Dall’armadio Florindo con voce sepolcrale grida:
- Lascia in pace cotesta donna che mi appartiene!
A queste parole lo spavento di Geronte diventa terrore, la voce continua che non gli dà tregua, se non quando Geronte avrà scritto che rinuncia alle nozze; la qual cosa egli fa, contento di scapparsene. Allora Florindo esce dall’armadio; Rosaura rinviene subito, e tutti e due ridono a crepapelle
Gli applausi fioccarono, e Ferrazzano annunziò che non ai comici dovevano essere rivolti, ma all’autrice della farsa che era l’eccellenza della signora marchesa di Geraci. E qui nuovi e più calorosi evviva e congratulazioni alla nobile dama.
Nota: l'editore precisa che questa commedia, così come tutte le altre recitate nel libro da Ferrazzano, nascono dalla penna dello scrittore Luigi Natoli.

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