venerdì 30 ottobre 2015

Luigi Natoli nel romanzo Gli Schiavi: il tempio d'Iblea.

Il tempio d’Iblea, situato nel punto più alto della piccola città, aveva intorno uno spazio più che sufficiente per contenere le folle, che accorrevano anche dai paesi più lontani. Il tempio era piccolo, con un portico esastilo, senza colonne intorno: e doveva quindi la sua fama più al potere attribuito alla dea, che alla modesta bellezza dell’edificio. Era stato il più frequentato dai Siculi e ad essi il più caro; e così era passato ai Greci. Ai tempi di Cleone (verso il 620 di Roma), la sua fama era decaduta alquanto, ma gli indovini vi godevano ancora credito. Non erano più numerosi come un tempo, che si contavano a centinaia, tutti a servizio del tempio; ma dei pochi che tuttavia esercitavano il servizio religioso, alcuni erano creduti infallibili.
Naturalmente non si consultavano senza doni, più o meno pingui, che andavano ad arricchire il tempio. La immagine di Iblea, vestita alla greca, col bastone in una mano e una piccola anfora nell’altra, era sovraccarica di gioielli, che ornavano anche l’effigie del cane che le saltava addosso. Ma anche i sacerdoti indovini avevano la loro parte.
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