sabato 16 maggio 2015

Luigi Natoli nel romanzo Alla guerra!: lo stato d'animo dei giovani soldati francesi.

      
Guy pensava al domani. Domani sarebbero giunti i tedeschi; gli ulani li avevano già annunziati; nell’aria immobile si sentiva quasi il rombo pesante e fosco della loro avanzata. Pareva che un fremito percorresse la terra, sotto il passo di quei reggimenti ferrigni, che marciavano con una cecità fanatica, verso la vittoria o la morte, passando, senza fermarsi, sui loro fratelli caduti. Domani quel borgo, che dormiva tranquillo nell’ombra, tra’ fanali spenti, sarebbe diventato un inferno; la Sambra, che mormorava dolcemente fra le colline degradanti coi loro boschetti a specchio, sarebbe stata turbata e insanguinata.
Ma dormiva veramente la borgata? dentro le case buie e serrate, la gente forse non trepidava nell’aspettazione del terribile ignoto?

Guy provava una strana sensazione. Non era paura; tuttavia un lieve fremito, di tanto in tanto, ad ogni più lieve rumore, gli scorreva a fior di pelle.
Il latrar lontano di un cane gli faceva spalancar gli occhi nell’oscurità. Passando accanto alle sentinelle che passeggiavano col fucile su la spalla, dopo aver dato la parola d’ordine, raccomandava di stare attenti.
Non era paura. Era un sentimento quasi di oppressione e d’ansia, generato dall’aspettazione del prossimo nembo. I primi colpi, le prime cannonate sarebbero appunto piovute contro i suoi cento uomini, in quella posizione estrema; il primo urto della battaglia avrebbe cozzato contro quel manipolo. Probabilmente quel soldato che passeggiava su e giù vigilando per la salvezza dei compagni, sarebbe caduto pel primo; e non sapeva o non pensava che la morte gli era sospesa sul capo. E anche lui.
Perché no?...

Pensava alla sua casa, e pensava a Ginevra. Nelle prime ore della sera, in un piccolo caffè aveva scritto due lettere, una alla mamma, l’altra a Ginevra; e le aveva spedite; poi aveva in un taccuino, che era il suo piccolo diario, scritto alcuni pensieri. Sulla prima pagina, per ogni evento, aveva già scritto una nota: Chi troverà questo taccuino sul mio cadavere, abbia l’animo gentile e pio da inviarlo a M.r Vandois in Parigi, rue Jouffroy, 26. Aveva raccolto in quel libretto, giorno per giorno, pensieri, osservazioni, confessioni; vi aveva narrato la storia di quel suo amore del quale la famiglia non sapeva nulla, vi aveva confidato i suoi sogni, le sue ambizioni; tutto l’animo suo, in quel che aveva di più segreto e sentimentale.

Ora pensava a questo taccuino. Se egli cadesse, qualcuno glielo ritroverebbe addosso ed eseguirebbe religiosamente il suo desiderio… Ah! l’arrivo di quel cimelio nella sua casa a lutto!... Immaginava la scena, rivedendo tutti i personaggi; l’on. Cadenat col suo cranio lucido e la sua eloquenza di deputato che parla soltanto fuori della Camera, avrebbe fatto un bell’elogio. Guy, l’udiva: l’on. Cadenat consolava madama Vandois, dicendole: - Non bisogna piangere! Guy è morto da eroe, per la Francia: è una gloria per voi!
 
Nel disegno di Niccolò Pizzorno: un ulano.
 

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