sabato 16 maggio 2015

Luigi Natoli nel romanzo Alla guerra! : la violenza dei tedeschi sulle donne francesi


Le donne non capivano il tedesco: videro il sergente e i soldati avvicinarsi e stesero le mani supplichevoli. Il sergente, forse per veder meglio, prese per le braccia una giovinetta, e la tirò da parte; francesi non ce n’erano; ma quella giovinetta era così graziosa nel suo terrore!... E il sergente era così allegro!... e i suoi nervi così eccitati...
Se la prese fra le avide braccia, e la rovesciò per terra. Allora, come un branco di lupi, quei soldati, si gittarono sulle donne. Grida, gemiti, lotte brevi, rapide, di corpi che tentavano disperatamente divincolarsi dalle strette bestiali; un ansare mostruoso; un percotere di pugni feroci, per abbattere le resistenze. La bestia concupiscente trionfava...
Rossi, con le nari dilatate, ancora ansanti, lasciavan la preda abbandonata per terra, priva di sensi; sopra la quale altri si gittavano, come assetati a una fonte di acqua. Una fanciulla era morta: aveva il petto squarciato da un colpo di baionetta; il sangue che le sgorgava su le vesti scomposte, non aveva impedito la profanazione.
Il sottotenente non aveva detto una parola. Aveva alzato le spalle, bisognava pure che quei poveri ragazzi, che avevan combattuto da tre giorni, trovassero uno svago. Un soldato gli aveva offerto una fanciulletta di quindici anni, che pareva un giglio; ma egli non aveva nessuna voglia. Aveva rifiutato.
- Allora la prendo per me! – aveva esclamato il soldato.
Parevano degli ubbriachi, ancora coi nervi vibranti, gli occhi cupidi, i volti accesi. Non v’era nulla a frugare: francesi non ce n’era; roba da saccheggiare neppure. Il sergente bonaccione, che rideva soddisfatto, non volle andarsene, senza aver prima strappato a una giovane donna, forse una sposa novella, gli orecchini, lacerandole le orecchie.
Intanto un grave puzzo di gas empiva l’aria; certo in quel trambusto qualcuno aveva rotto un tubo.
Il drappello abbandonò il magazzino; vide un’altra scala, vi si lanciò con ardore, come se si trattasse di dare la scalata a una fortezza; lì, nella penombra del magazzino, sedute per terra o ancora abbattute, qualcuna in piedi, col volto nascosto fra le mani, meste, sbalordite dallo spavento, dalla vergogna, con le vesti lacere e scomposte, rimanevano quelle povere donne; e in mezzo a loro, immobile, nella sua nudità profanata, giaceva la fanciulla uccisa; ma nel volto esterrefatto, negli occhi azzurri spalancati e senza luce, nella bocca amareggiata dallo spasimo estremo, v’era tutto l’orrore del misfatto; tutto lo strazio della vita doppiamente violata; v’era qualche cosa di ineffabile che destava e confondeva insieme una gentile pietà e un’ira profonda.
 
Disegno di Niccolò Pizzorno.

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