Charleroi fumava per gli
incendi accesi dal bombardamento; presa e ripresa e strappata tra accaniti
combattimenti, era rimasta in potere dei tedeschi. Francesi e belgi avevan
dovuto sloggiare sotto la grandine delle bombe.
Il 240^ fanteria tedesca
aveva occupato la immensa stazione, i magazzini, gran tratto della linea, aveva
ricevuto l’incarico di dar la caccia ai francesi sbandati o che si nascondevano
ancora nelle case, nelle cantine, nelle chiese. Grosse pattuglie percorrevano
le strade ingombre di macerie, di mobili fracassati, di cadaveri, che non si
era avuto il tempo di portar via: coi calci dei fucili percotevano le porte
chiuse; più spesso le atterravano: gli ufficiali con le rivoltelle in pugno, i
soldati coi fucili spianati, gridando minacciosamente entravano; frugavano
perfino sotto i letti, dentro i grandi armadi, dentri i camini! scassinavano i
mobili a colpi di baionetta, intascavano quel che trovavano; intanto che
l’ufficiale o un sottoufficiale interrogava minacciando, i poveri abitanti, per
lo più donne, vecchi e fanciulli, raccolti in una stanza atterriti e tremanti.
C’era però qualche cosa
da portar via negli armadi, nelle casse, nella credenza!... Chi giungeva pel
primo prendeva. Quei poveri soldati avevan sempre fame e sete; dovunque
assalivano prima di tutto le credenze e le cantine; e avevan le tasche ampie;
come i loro stomachi: c’entrava sempre roba!... Quella che non c’entrava si
rompeva, si lacerava, si bruciava, si distruggeva. Bisognava far sentire a
Charleroi quanto pesasse il pugno tedesco in collera: Charleroi aveva per due
giorni infranti gli sforzi tedeschi, e meritava una punizione. Tutta la città ancora
fumante, era invasa da orde di saccheggiatori: qua e là rimbombavano colpi di
fucile o di rivoltella: un francese scovato? No: qualche borghese che aveva
protestato; qualche donna che aveva forse difeso il suo pudore. Un colpo, e
via!... Le case erano molte, e c’era da lavorare. Le fatiche del combattimento
non avevano spossati i saccheggiatori.
Un drappello di circa
venticinque uomini della 5^ compagnia, comandati da un sottotenente, era dei
più animosi e infaticabili. Trasceglieva le case di miglior apparenza, e che
comparivano devastate dal bombardamento; le assaliva, le invadeva, baionettava
persone e cose, saccheggiava; e andava via: spesso gittava delle capsule incendiarie
sui mobili e sulle tende, e v’appiccava il fuoco.
Erano quasi giovani,
biondi, cerulei; alcuni robusti, ossuti, forse venivan dai campi o dalle officine;
altri di più gentile aspetto; studenti forse, o impiegati di città: i più
sbarbati ancora, qualcuno col mento ornato di una barba bionda a ventaglio. Non
avevan nulla di feroce, di selvaggio nei volti: erano sudici, con le uniformi
qua e là sbrandellate, bruciacchiate, infangate; con le mani nere, coi segni
degli aspri travagli durati, dei rischi corsi; ma pur v’era nel loro aspetto
qualche cosa di terrificante. Vi era sangue nel fango che macchiava i loro
vestiti, e sulle loro mani; negli occhi chiari c’era un balenìo di istinti
belluini; i loro sorrisi scoprivano nei denti un non so che di cannibalesco;
nei loro gesti v’era il segno della violenza, senza pietà: e nel tempo stesso
la coscienza di una forza destinata a una missione.
Nella foto: la battaglia di Charleoi (Belgio - 1914)
Nessun commento:
Posta un commento