sabato 16 maggio 2015

Luigi Natoli nel romanzo Alla guerra!: l'invasione tedesca di Charleroi.


Charleroi fumava per gli incendi accesi dal bombardamento; presa e ripresa e strappata tra accaniti combattimenti, era rimasta in potere dei tedeschi. Francesi e belgi avevan dovuto sloggiare sotto la grandine delle bombe.

Il 240^ fanteria tedesca aveva occupato la immensa stazione, i magazzini, gran tratto della linea, aveva ricevuto l’incarico di dar la caccia ai francesi sbandati o che si nascondevano ancora nelle case, nelle cantine, nelle chiese. Grosse pattuglie percorrevano le strade ingombre di macerie, di mobili fracassati, di cadaveri, che non si era avuto il tempo di portar via: coi calci dei fucili percotevano le porte chiuse; più spesso le atterravano: gli ufficiali con le rivoltelle in pugno, i soldati coi fucili spianati, gridando minacciosamente entravano; frugavano perfino sotto i letti, dentro i grandi armadi, dentri i camini! scassinavano i mobili a colpi di baionetta, intascavano quel che trovavano; intanto che l’ufficiale o un sottoufficiale interrogava minacciando, i poveri abitanti, per lo più donne, vecchi e fanciulli, raccolti in una stanza atterriti e tremanti.

C’era però qualche cosa da portar via negli armadi, nelle casse, nella credenza!... Chi giungeva pel primo prendeva. Quei poveri soldati avevan sempre fame e sete; dovunque assalivano prima di tutto le credenze e le cantine; e avevan le tasche ampie; come i loro stomachi: c’entrava sempre roba!... Quella che non c’entrava si rompeva, si lacerava, si bruciava, si distruggeva. Bisognava far sentire a Charleroi quanto pesasse il pugno tedesco in collera: Charleroi aveva per due giorni infranti gli sforzi tedeschi, e meritava una punizione. Tutta la città ancora fumante, era invasa da orde di saccheggiatori: qua e là rimbombavano colpi di fucile o di rivoltella: un francese scovato? No: qualche borghese che aveva protestato; qualche donna che aveva forse difeso il suo pudore. Un colpo, e via!... Le case erano molte, e c’era da lavorare. Le fatiche del combattimento non avevano spossati i saccheggiatori.

Un drappello di circa venticinque uomini della 5^ compagnia, comandati da un sottotenente, era dei più animosi e infaticabili. Trasceglieva le case di miglior apparenza, e che comparivano devastate dal bombardamento; le assaliva, le invadeva, baionettava persone e cose, saccheggiava; e andava via: spesso gittava delle capsule incendiarie sui mobili e sulle tende, e v’appiccava il fuoco.

Erano quasi giovani, biondi, cerulei; alcuni robusti, ossuti, forse venivan dai campi o dalle officine; altri di più gentile aspetto; studenti forse, o impiegati di città: i più sbarbati ancora, qualcuno col mento ornato di una barba bionda a ventaglio. Non avevan nulla di feroce, di selvaggio nei volti: erano sudici, con le uniformi qua e là sbrandellate, bruciacchiate, infangate; con le mani nere, coi segni degli aspri travagli durati, dei rischi corsi; ma pur v’era nel loro aspetto qualche cosa di terrificante. Vi era sangue nel fango che macchiava i loro vestiti, e sulle loro mani; negli occhi chiari c’era un balenìo di istinti belluini; i loro sorrisi scoprivano nei denti un non so che di cannibalesco; nei loro gesti v’era il segno della violenza, senza pietà: e nel tempo stesso la coscienza di una forza destinata a una missione.
 
Nella foto: la battaglia di Charleoi (Belgio - 1914)

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