Mentre io ero a Bordeaux, si ordiva a Parigi la tela
di un intrigo, il cui epilogo doveva empire di rumore l’Europa, per un gran
processo, nel quale io fui, senza alcuna ragione, e per malvagità altrui,
coinvolto e travagliato.
Ne fu protagonista quella contessa de la Motte, che il cardinale m’aveva presentato a Strasburgo nel 1781, della cui vita voglio qui, per memoria del singolare personaggio tracciarvi quanto venne a conoscersi durante il famoso processo.
Ne fu protagonista quella contessa de la Motte, che il cardinale m’aveva presentato a Strasburgo nel 1781, della cui vita voglio qui, per memoria del singolare personaggio tracciarvi quanto venne a conoscersi durante il famoso processo.
La contessa de la Motte si chiamava Giovanna di
Saint-Remy de Valois. Il nome de Valois non era tolto a imprestito; suo padre
discendeva in linea retta mascolina da quell’Enrico di Saint-Remy, che il re
Enrico II ebbe dalla baronessa Nicoletta de Savigny, e che riconobbe come suo
figlio. Il padre di Giovanna era Giacomo, barone di Luz e Valois. Egli sedusse
e poi sposò una contadina Maria Iassel, che serviva nel castello. N’ebbe
quattro figli: Giovanna era la seconda, l’ultima era Margherita Anna, minore di
due anni e mezzo o tre.
Il barone possedeva un castello a Luzette; ma la
moglie era una dissipatrice e lo ridusse al verde; i figlioli crebbero senza
alcuna educazione, abbandonati a sé stessi, quasi selvaggi. Giovanna dovette
acconciarsi ad accompagnare il gregge alla pastura, a piedi nudi, coi capelli
arruffati, ricompensata dalla madre a colpi di forca.
Venduto l’ultimo lembo di terra, l’ultimo mattone
del castello, cacciati via dai creditori i Saint-Remy, a piedi abbandonarono
Luzette, e dopo qualche pietosa avventura giunsero a Parigi; ma non trovando di
che vivere si ritirarono a Boulogne.
Ivi Maria Iessel mise a profitto la sua bellezza di
contadina robusta e avvenente. Trovò un soldato, certo Raymond, sardo, se ne
fece l’amante, e cacciò via il marito che era ammalato. Giacomo di Saint-Remy e
Valois, raccolto dalla pietà di qualche passante, fu condotto a Parigi,
ricoverato all’Hotel-Dieu, dove morì di malattia, di miseria, di dolore.
La coppia bestiale e delittuosa sfogò il suo odio
sui poveri fanciulli. Raymond legava Giovanna ai piedi del letto, e la madre la
batteva con una verga, che spesso si rompeva nelle tenere membra della piccina.
Poi un giorno le due piccine Giovanna e Margherita
Anna furon cacciate. Giovanna si pose in collo la sorellina, e andò per
le strade elemosinando:
- Date per carità un soldo a una fanciulla che
discende dai Valois!...
- Fate l’elemosina a una figlia di Valois.
La gente rideva, e ingiuriava; le due fanciullette
lottavano con la miseria e con la malvagità altrui.
Un giorno del 1763 esse si trovavano presso una
villa della marchesa di Boulainvilliers, nei dintorni di Passy. Questa dama udì
il grido della piccola Giovanna; non rise; le domandò chi fosse; e saputo
tutto, prese con sé le due abbandonate, e le portò in un istituto di educazione
a Passy. Qualche anno dopo Margherita Anna morì di vaiolo.
A quattordici anni Giovanna fu tolta dall’istituto e
collocata a Parigi presso una delle grandi sarte: ma ella non era nata per un
mestiere o per soggiacere a una disciplina. Il suo sangue si ribellava. Aveva
bisogno di aria, di libertà, di agire. Ogni tanto la marchesa di
Boulainvilliers la conduceva in sua casa; Giovanna fu a volta a volta
lavandaia, stiratrice, cuciniera, tutto, salvo che felice e considerata per la
sua origine.
In questo tempo la marchesa volle conoscere se
veramente Giovanna era una Saint Remy de Valois; e assicuratasene, fece venire
a sé un’altra sorella di Giovanna, Anna Maria, che era in casa di un antico
fattore del barone, e pose le due ragazze nel pensionato dell’abbadia di
Verres, per educarvisi come nobili fanciulle, e ottenne dal re Luigi XVI una
pensione per collocare le due fanciulle nel convento di Longchamp, dove erano
allevate le principessine e le duchessine.
Giovanna aveva allora circa vent’anni, ed era bella;
Anna Maria ne aveva diciassette ed era bella anch’essa. Quando la marchesa,
nelle solennità le conduceva a Passy nella sua villa, le due fanciulle erano
circondate e insidiate da tutti i giovani eleganti, e bevevano le frasi
sensuali d’uso in quei tempi di frivoli amori, e vedevano un nuovo mondo schiudersi
dinanzi ai loro occhi avidi. Il matrimonio della figlia della marchesa finì con
incantare le due fanciulle, che allora rifiutarono di prendere il velo...
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