Egli non affermava che il colera fosse veleno sparso dal Governo, come
diceva qualcuno; né che l’avesse mandato il Re per decimare la Sicilia, come
sosteneva Giovanni; ma certo quel colera che aveva fatto il giro dell’Europa, e
che dall’anno innanzi mieteva Napoli, nessuno capiva che malattia fosse;
nemmeno i medici di Parigi, che era tutto dire, ci avevano trovato un rimedio.
Era una pestilenza nuova e strana che piombava in Palermo per la prima volta.
Del resto non importava approfondire quel mistero; importava salvare la pelle.
Veleno? non andrebbero a spargerlo in campagna, dove i contadini farebbero
buona guardia, e con due schioppettate ti somministravano il contravveleno.
Infezione d’aria? E in campagna si respirava aria pura.
- Quanto a me, – protestò nonna Angelina, – qui sono nata e qui voglio
morire. Voi andatevene pure, e Dio vi accompagni e custodisca; ma io, son
ottant’anni che vivo fra queste pareti, e ci ho tutti i miei ricordi... E poi,
la mia vita è arrivata alla fine; e se è volontà del Signore che io muoia,
morirò anche in campagna... andatevene voialtri...
Allora don Giuseppe dichiarò che non l’avrebbe lasciata sola. Nemmeno
lui si moverebbe da Palermo: non poteva disertare l’ufficio. E poi con che
cuore vivrebbe lontano, sapendo di lasciare tra i pericoli il suo primogenito,
padre don Ciccio, che era obbligato alla parrocchia? Padre don Ciccio
combattuto dalla paura del morbo e da quella non meno forte dei disagi, che
avrebbe dovuto soffrire, dava ragione debolmente a suo padre. Ma Leopoldo non
ebbe esitazioni e scrupoli. Egli partiva con Nenè: tutte quelle erano belle
ragioni, ma quando si hanno figli, bisogna metterle da parte.
- La vita dei figli prima di tutto! – diceva con calore e non
confessava che la sua gli premeva, forse, un poco di più; che pensava,
rabbrividendo, sè disteso immobile fra quattro ceri. E volgendosi a Giovanni
che s’era rimesso a passeggiare, muto, con le labbra incurvate di sdegno e
commiserazione, gli domandò:
- E tu perché non dici nulla?
- Io resto, – rispose duramente, – non fuggo!
Giovanni pensava dal canto suo, che in fondo, in quel che dicevano i
suoi fratelli, c’era una parte di ragione: perché egli era padrone di disporre
di sé, ma non degli altri. Certo per le sue idee, per alcune ragioni esagerate,
gli pareva una viltà andarsene: ma Rosalia? ma sua madre? ma le sorelle e
Pippo? La strada dove abitavano, nel cuore della città, vecchia strada,
angusta, fra vecchie case, era nei pianterreni abitata da povera gente, che
formicolava nel sudiciume delle lavature e dei rifiuti, gettati sul selciato
mal connesso. Se vi penetrava il colera, che strage!... E non risparmiava
nessuno; e si moriva orribilmente. Quale spettacolo terrificante la vista di
tutti quei morti, agli occhi della famiglia!... Quando non vi fossero altre
ragioni, basterebbe questa per consigliare di andarsene altrove. D’altra parte
egli non sapeva adattarsi all’idea di mandare lontana la famiglia: una
disgrazia, Dio liberi! a qualcuno dei suoi o a lui, come accorrere per soccorsi
di medici e di medicine in tempo utile? E quel colera agiva improvviso e
subitaneo.
Luigi Natoli: I morti tornano... Romanzo storico siciliano.
Pagine 384. Prezzo di copertina € 22,00
Copertina e illustrazioni di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile online su Amazon Prime, Ibs, La Feltrinelli.it
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica e nelle migliori librerie
Nessun commento:
Posta un commento