martedì 5 novembre 2019

Luigi Natoli: Una commedia al palazzo del capitano di città. Tratto da: La dama tragica.

La domenica innanzi, quattro giorni prima di questo avvenimento, il signor Vincenzo Bongiorno capitano della città (cioè capo della giustizia di tutto il territorio del Comune, e perciò la principale autorità cittadina, dopo il pretore) per festeggiare meglio il carnevale e offrire uno svago a Sua Eccellenza il vicerè e alla nobiltà, aveva dato in casa sua uno spettacolo veramente signorile. Aveva fatto trasformare il grande salone del suo palazzo in un teatro, e aveva scritturato una compagnia di comici. La commedia si diceva assai divertente.
Sebbene la giornata fosse stata freddina e piovosa tuttavia all’invito del signor Capitano non mancò nessuno. La città non aveva teatri pubblici; le rappresentazioni sacre, fra cui celebre l’«Atto» composto da Teofilo Folengo, il celebre Merlin Cocai, si davano nelle chiese; ma per le commedie non v’era luogo, e i comici si adattavano in magazzini. Due anni dopo, nella vecchia Chiesa dello Spasimo, già convertita in magazzini, si costruì, o si adattò un teatro stabile, il primo che sorgesse nella città. Ma allora alla mancanza di pubblici teatri suppliva la magnificenza dei Signori, alcuni dei quali avevano una vera passione per gli spettacoli scenici. Si capisce perciò con quanto vivo piacere si cogliessero le occasioni non frequenti di andare alla Commedia.
Per tre quarti d’ora, per la strada dei Ferrari, per la piazzetta di S. Francesco, per la piazza della Fiera Vecchia non si videro che processioni di lettighe carrozze e portantine, circondate di staffieri, e schiavi in magnifiche livree. Era una sfilata di velluti e di sete, dai colori vivacissimi, luccicanti di ori e di argenti; sola parte dello spettacolo di cui il popolo poteva godere gratuitamente. Sulle soglie delle botteghe o degli usci, infatti, i curiosi si divertivano a contare e a riconoscere dalle livree e dagli stemmi quali signori passassero: e le donne, più curiose, si spingevano a guardare attraverso le tendine dentro le lettighe e le carrozze, per vedere come fossero vestite le dame.
Dinanzi la casa del signor Capitano la fila dei veicoli non finiva mai. La strada era stretta, le carrozze non v’entravano che una alla volta, e non potendo rigirare, per tornare indietro, appena i signori smontavano essi tiravan via per l’altro capo dalla strada giù verso la piazza della Marina. 
Lo spettacolo non poteva cominciare se prima non fosse arrivato il Vicerè; e il Vicerè naturalmente non sarebbe venuto che ultimo, quando la sala sarebbe stata piena. Aspettandolo, parlavan tutti, a mezza voce, ma empievan l’aria di un vocìo alto e indistinto, che cessò a un tratto, quando il maestro di cerimonie annunciò a voce forte e sonora l’arrivo di Sua Eccellenza.
Il signor Marcantonio entrò dando il braccio alla viceregina, preceduto dal Capitano, che si affaticava a sgombrare il passaggio, e ringraziava con grandi frasi studiate la bontà di tanto principe, che non sdegnava onorargli la casa. E fra gli inchini lo pregava di scusarlo se non aveva saputo far di più, come si conveniva: ma sperava che Sua Eccellenza avrebbe accettato il buon volere.
Quando il signor Marcantonio Colonna e donna Felice Orsini ebbero preso posto in prima fila nei seggioloni di velluto, preparati per loro coi cuscini ai piedi, tra l’illustrissimo Don Ottavio Del Bosco, pretore della città, e il Capitano; gl’invitati che al suo passaggio s’erano schierati per fargli ala, sedettero anch’essi secondo il grado e le ragioni di preminenza, che la vanità e la rigida etichetta volevan rispettati. Immediatamente dietro al Vicerè si eran seduti i suoi congiunti, il signor Pompeo Colonna e il signor Lelio Massimo; e tre o quattro sedie più in là, ma sulla stessa fila di essi, era seduta donna Eufrosina Corbera, sotto un grande specchio, che pareva le facesse da cornice.
Marcantonio Colonna fermò un istante il suo sguardo sopra di lei, come cercando nella sua memoria di ricordare chi fosse, e dove l’avesse veduta altra volta. Non gli pareva un volto del tutto nuovo. Una rimembranza imperfetta e confusa era balenata nel suo cervello; ma per quanto frugasse nei più profondi recessi della memoria, non vi scorgeva dove, come e quando avesse conosciuto quella dama. Pensò che forse s’ingannava. Ma o nuova, o veduta, il signor Marcantonio diceva a se stesso che quella donna era veramente bellissima.
Donna Eufrosina se ne stava immobile, con le piccole mani affilate inerti sul grembo, e in quell’atteggiamento, entro la cornice dello specchio, pareva un meraviglioso dipinto. Le grazie del corpo risaltavan maggiormente sotto il vestito, scelto e adattato con un fine senso di civetteria. Indossava una veste di broccato turchino, con ricami d’argento e bottoni di perle; e in testa aveva un berrettino di velluto dello stesso colore, sormontato d’un ciuffetto di piccole piume bianche, che le cadevan leggiadramente sui capelli annodati con un filo di perle.
Tra una parola e l’altra, il Vicerè domandò, così per curiosità, al Pretore, chi fosse quella dama, lì sotto lo specchio…

Luigi Natoli: La dama tragica. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di fine '500, al tempo del viceregno di Marco Antonio Colonna. 
Pagine 598 - Prezzo di copertina € 24,00
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1930
Copertina di Niccolò Pizzorno
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