La Sardegna, qualche anno dopo si ribellò
contro il dominio aragonese, per cui fu necessario usar le armi. Martino I,
raccolto un esercito, dopo aver nominato Vicaria del regno Bianca, partì per la
Sardegna, nel 1408. Il 1 giugno del 1409 sconfisse per mare l’armata genovese
alleata dei Sardi, e poco dopo ruppe in memoranda battaglia a Sanluri l’esercito sardo, guidato da Brancaleone
Doria. Ma ammalatosi di febbre, e trasportato a Cagliari, vi moriva a trentatré
anni, nel luglio. La leggenda s’impadronì della sua morte, e si disse che una
bellissima giovane di Sanluri, per vendicare la patria, avesse con le ardenti
carezze ucciso il Re vittorioso.
Non lasciò figli, che anche quello
natogli da Bianca era morto appena nato. Il duca di Montblanc, già re
d’Aragona, ereditava il regno di Sicilia, e si nomava Martino II, riconfermando
Bianca nel Vicariato. Morta Maria, che legittimava la presenza del I Martino,
non lasciando eredi, in vero questi aveva perduto il diritto a regnare. A più
ragione questo diritto non aveva Martino II; ma la Sicilia era in potere dei
Catalani, e i baroni siciliani si erano avviliti. Così la Sicilia divenne
un’appendice della corona aragonese, e perdette per sempre la sua piena
indipendenza. Tristissimi furono gli effetti della dominazione aragonese.
Il regno di Martino II durò appena un
anno. Prevedendone, per la vecchiezza e le infermità la non lontana fine, i
Siciliani avevano fatto vive premure, perché egli designasse a succedergli al
trono di Sicilia Federigo conte di Luna, bastardo di Martino I, che il vecchio
re aveva fatto legittimare dall’antipapa Benedetto. Il Re acconsentì, ma la
Corte, cui interessava il possesso dell’Isola, fece in modo che il Re morisse,
senza manifestare la sua volontà.
Cominciò un nuovo periodo fortunoso per
la rivalità fra le maggiori città dell’Isola, per la malferma condizione della
Vicaria, per la discordia del baronaggio, per le pretese del nuovo baronaggio
catalano venuto coi Martini, che s’era sovrapposto all’antica nobiltà e aveva
in mano le cariche supreme. In questo frangente, forse spinta da ambizione,
Messina prendeva l’iniziativa di convocare un Parlamento a Taormina, per
provvedere al Regno. E fu tenuto nel giugno del 1410, ma non v’intervennero i
sindaci di alcune città, né Bernardo Cabrera, nuovo conte di Modica. Se il Parlamento
avesse senz’altro eletto Federigo de Luna, ogni quistione sarebbe stata
risolta, e le discordie composte; invece si deferì a una giunta la scelta del
re. Palermo proponeva una soluzione: dar la corona a Nicolò Peralta, del regio
sangue, perché nipote di Eleonora d’Aragona, e con la corona la mano di Bianca.
Luigi Natoli: Il Paggio della regina Bianca. - Pagine 702
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Il quadro storico è tratto da: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo di Luigi Natoli ed è pubblicato al termine del romanzo nella edizione I Buoni Cugini editori per maggiore chiarezza del lettore. Nella foto: la puntata numero tredici pubblicata in appendice al Giornale di Sicilia nel 1910
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