La cavalcata di S. Giacomo scendeva dall'alto della
strada dei Mercanti. Uscendo dalla chiesa di S. Maria della Scala, posta
nell'angolo formato dalla strada del Duomo e di S. Agostino col torrente della
Boccetta, l'Accademia dei Cavalieri per via di traverso entrava nella strada
dei Mercanti, e la percorreva fino al Palazzo reale; e niuno spettacolo era più
grandioso e magnifico, per numero di cavalieri, ricchezza di vesti e di livree,
splendore di armature.
Dinanzi, cavalcava Antonello da alfiere, con una ricca
assisa di terzanello d'oro, un ampio feltro sul capo, sul quale ondeggiava un
gruppo di piume. Il suo cavallo, bianco come neve, dalle froge rosse, dalle
gambe svelte e nervose, coperto di una gualdrappa rossa, ricamata d'oro di una
ricchezza e d’una bellezza straordinaria, era condotto a mano da due valletti
con la livrea di casa de Gotho. Egli portava in mano lo stendardo della
franchigia, con le armi di Messina, croce d'oro in campo rosso. Seguivano
i cavalieri, a due a due, ciascuno seguito dai suoi scudieri, essi vestivano la
ricca divisa dell'Accademia; corazza e gorgiera di acciaio brunito, maniche di
maglia d'acciaio; sul petto grande stella d'oro, immagine della cometa apparsa
ai tre Magi; in capo feltro cinerino con piume bianche e rosse, fermate da un
cordone d'oro annodato da una piccola stella di diamanti e rubini; lunghi
stivali di cuoio color naturale alle gambe, sproni d'oro. Erano tutti armati,
oltre alla spada, di zagaglia, pistole, schioppetto e pugnale. I quattro armigeri
che accompagnavano i Cavalieri, vestivano coi colori della casa, in pieno
assetto di guerra. Se non fosse stato pel lusso delle bardature, per la
nitidezza delle armi, e soprattutto pel colore festivo che ogni cosa prendeva
intorno a loro, si sarebbe detto che quello era un reggimento che andava alla
guerra.
Cassandra Abate guardava con uno stupore pieno di
ammirazione e di gioia; non aveva mai veduto nulla di più magnifico. Riconobbe
Antonello, che, giunto sotto il palazzo, levò il capo in alto, ma non ne
scorse il pallore, né la commozione; gli sorrise come per fargli sapere che lo
aveva riconosciuto, e tosto guardò fra i cavalieri. A un tratto si sentì
prendere da una piacevole commozione: riconosceva Galeazzo. Galeazzo, in
quell'armatura, con quella zagaglia in pugno, rassomigliava appunto a S.
Giorgio; se invece del feltro, avesse avuto in capo l'elmo, ella avrebbe
creduto che il santo ed eroico cavaliere, staccandosi dal quadro, si fosse mescolato
a quel corteo. Anche Galeazzo alzò gli occhi
sul palazzo, ma non come un curioso che cerchi un volto noto e amico; sibbene
con un'aria di corruccio, con una espressione di odio, che lo fece apparire
terribile agli occhi della fanciulla. Ah perché non c'era donna Laura? Dietro i cavalieri venivano i trombetti e i pifferi del Senato, i donzelli, il
banditore, il maestro di cerimonia e poi i senatori a due a due, a cavallo,
avvolti nell'ampia toga di seta rossa, dalle grandi maniche; e dopo di essi i
magistrati della città, gli uffiziali, le guardie... Gli artiglieri reali non
c'erano.
Acquista on line "I Cavalieri della Stella" di Luigi Natoli: avrai lo sconto del 15% - spedizione gratuita.
Nessun commento:
Posta un commento