" C’era ancora il
cadavere del capitano, col suo profilo tagliente, coi baffi grigi quasi ispidi;
disteso sul letto con le mani incrociate; ed era solo, chi poteva in quel
momento vegliare un morto? Ella lo guardò con un misto di pietà, di ribrezzo,
di cu-riosità. Sedette a un angolo della camera, sopra una seggiola bassa, e si
mise a recitare le preghiere. Se ci fosse stata dell’acqua benedetta nella pila
di porcellana appesa al capezzale del letto! Si alzò, guardò: c’era. Tolse
allora la frondicella dell’ulivo bene-detto, che era infilata di traverso
all’anello della piletta; ne immerse le foglie nell’acqua, e spruzzò il volto,
le mani, la divisa del morto. E le parve di aver reso un pio e doveroso tributo
verso di lui; le parve che il morto dovesse esserne lieto e grato. Ella se ne
sentiva più sollevata; posò l’ulivo fra le mani del morto, e ritornò a sedere e
a pregare.
Ah quell’ulivo, simbolo
di pace e di concordia fra gli uomini, posto dalle mani inconsapevoli di una
povera contadina, fra quelle di un ucciso nella tremenda guerra di sterminio,
quale profondità di significati attingeva negli abissi del pensiero! La fede
ingenua, la pietà umana, si confondevano con la più feroce e spietata ironia.
Era il crollare rovinoso di tutte le teorie umanitarie e sentimentali dinanzi
alla realtà inesorabile; ed era anche l’eterna aspirazione a una divina
armonia; pareva una protesta contro la crudeltà belluina della guerra; il
vaticinio o l’augurio che dalle terre bagnate di tanto sangue umano
germogliasse l’albero della pace universale…"
Disegni di Niccolò Pizzorno.
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