giovedì 26 febbraio 2015

Luigi Natoli: Alla guerra!


Alla guerra!... Romanzo storico dello scrittore e storiografo Luigi Natoli, che nasce come romanzo di appendice a puntate sul Giornale di Sicilia (Palermo) in 204 puntate dal 19 ottobre 1914, e che dopo cento anni e in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale viene pubblicato per la prima volta in libro (ben 950 pagine)  da I Buoni Cugini Editori di Ivo Tiberio Ginevra, con le illustrazioni di Niccolò Pizzorno.
A differenza di tutti gli altri romanzi del grande scrittore siciliano, Alla guerra! è ambientato in Francia: la Francia del luglio 1914, invasa all'improvviso dal Kaiser Guglielmo II, che difende la libertà  con i giovani soldati che lasciano la loro vita per il proprio paese, e che mettono al di sopra di tutto il motto: "Più in alto delle nostre vite c’è la Francia e il nostro onore!...".

In questo grande romanzo, vengono descritti in modo quasi vissuto gli orrori della guerra, visti dagli occhi dei giovani soldati, dei civili e delle donne, spesso violate e uccise dai soldati tedeschi: "Nessun soldato aveva sofferto la più lieve punizione pei ladronecci, per gli incendi, per gli stupri, per gli assassini, per tutte le barbarie, per tutte le ferocie commesse, che disonoravano non solo la Germania ma l’uomo - Luigi Natoli". Le scene orribili, le stragi, vengono descritte con estrema poesia, in un linguaggio attuale più che mai; la morte, vissuta attimo per attimo, l'amore per la famiglia, per la madre lontana, "regnano" in tutto il romanzo. "Tramontava. Un tramonto triste, fosco nel quale le nebbie rosseggiavano, e qualche raggio di sole che rompeva le nubi, pareva uno zampillo di sangue. Il sangue della Francia che gemeva ancora sotto l'immane guerra - Luigi Natoli. 
Nel terribile quadro della prima guerra mondiale, dipinto da Luigi Natoli, vivono i protagonisti della storia: Guy e Bianca Vandois, fratelli, il professore Benoist e il suo cinico amico dal cuore d'oro Michaud: "Appunto, madamigella, le più grandi consolazioni che m'ha dato la famiglia sono state queste, di non averla avuta mai!", il tedesco Fritz Wherther; intorno a loro la sofferenza e la morte dei tanti giovani che per la Francia sacrificarono la loro vita.

Il romanzo inizia con una marcia notturna:  

"La pattuglia precedeva di circa cento metri la compagnia d’avanguardia della colonna uscita da Givet; aveva oltrepassato Notre Dame, valicato l’Huille e percorreva lo stradale, diretta a Rochefort. Era una notte senza stelle. Le nubi coprivano il cielo; nubi grigie, quasi nere, pesanti, dalle quali ogni tanto qualche goccia cadeva sul volto dei soldati. Per un pezzo marciarono in silenzio, coi fucili capovolti, infilati al braccio per la cinghia, o tenuti su la spalla per la canna. Di tanto in tanto bisbigliavano fra loro. Quando furon lontani dalle case, uno di essi cominciò a canticchiare qualche aria popolare del suo paese nativo; un dolce e tenero sospiro d’amore; forse eco inconsapevole di memorie e ricordi, che gli si ridestavano e affollavano nell’anima vagante verso una casa lontana, fra un gruppo di olmi e di ontani, in una campagna verde e soleggiata. E intanto i piedi andavano al ritmo del passo, appesantito dallo zaino ricolmo, per una strada ignota."
Ma descrive con estrema nitidezza dalla quale traspare la commozione dell'autore, vari momenti vissuti dai soldati francesi e dalle loro famiglie, come la partenza per la guerra dalla stazione di Parigi: "Erano sicuri tutti di ritornare; andavano alla guerra, per prepararsi a quelle noz-ze con l’immaginaria Coletta: ma forse ognuno aveva la sua Coletta nel villaggio nativo, o al sesto piano del grande casamento del sobborgo; se non che tutte diventavano un’amante sola, che non piangeva, poiché s’andava a combattere contro i tedeschi, per la terra di Francia. A ogni strofa, seguiva uno scoppio di evviva, di urla, di risa, di motti, che pareva lo scatenarsi di una gioconda tempesta; e sopraffaceva, stordiva le anime dolenti; talvolta grida, risa, canti confondendosi, empivano la tettoia, mescolandosi al soffio delle macchine sotto pressione. Al segno della partenza gli addii si moltiplicarono; le mani stese dagli sportelli strinsero le mani che si porgevano dal marciapiede; alcuni si aggrappavano sui predellini per dare un ultimo bacio o un’ultima raccomandazione; delle mani commosse inviavano e si scambiavano baci, sventolavano fazzoletti; poi mentre il treno si muoveva lentamente, una voce vincendo la commozione gridò:
Viva la Francia!"
 

 

 
 
 
 
 
 








 
 



 

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