Pesce Cola era un bel giovane aitante, grande nuotatore, che poteva tuffarsi e scendere nel profondo del mare, proprio come i pesci: e per questo appunto lo avevano chiamato Pesce. Tante erano le prove che egli dava della sua valentia, che i Messinesi andavano in barca a godersene lo spettacolo.
La fama di queste bravure giunse all’orecchio del re Federigo; il quale, trovandosi in Messina con la corte, volle conoscere Cola, e metterlo alla prova.
- Tu, – gli disse, – scendi nel fondo del mare? Ebbene, va’, e dimmi quel che c’è sotto Messina.
- Maestà, sì.
Con un salto Cola si tuffò e sparì. Aspetta, aspetta; finalmente risalì:
- Maestà, – disse, – ho veduto che Messina è fabbricata sopra tre colonne: una è rotta; una è incrinata; solo la terza è sana: quando questa sarà rotta, Messina subisserà.
Messina! Messina!
un giorno sarai meschina.
Il re dapprima si turbò; ma poi, dubitando che Cola non fosse sceso nel fondo del mare, e avesse inventato di sua testa, prese una bella coppa d’oro, e disse:
- Se tu vai a prendermi questa coppa preziosa, te la darò in dono.
E così dicendo, buttò la coppa nel mare. Cola stette un poco, per aspettare che la coppa sprofondasse; e poi, un altro tuffo, e sparve di nuovo nelle onde. Tutti aspettavano trepidando, perché il tempo passava, e temevano che il giovane fosse caduto sotto i denti dei pescecani, che lì abbondano: ma ecco le acque pullulare, e Cola emergere tenendo in mano la coppa avviluppata di alghe. E allora applausi che non finivano mai.
Questa prova poteva bastare al re: ma no. O che egli ci avesse preso gusto, o che altri lo consigliasse, chiamò Cola:
- La coppa è tua; ma un’altra prova voglio da te. Vedi quest’anello? (e se lo tolse dal dito) c’è un diamante che vale più della coppa. Ora va’ a pescarlo.
Cola impallidì:
- Maestà, – disse, – non mi obbligate a tentare ancora la fortuna; perché temo che questa volta non ritornerò.
- Come? Hai paura? Ma qui si vedrà il tuo valore. E se tu mi riporti l’anello, io te lo darò e ti darò anche altri ricchi doni. Va’ dunque.
E buttò l’anello. Cola allora disse:
- Maestà, fatemi dare un pugno di lenticchie: se non le vedrete venire a galla, vuol dire che io ho ritrovato l’anello; ma se esse verranno su, è segno che io non tornerò.
Si tuffò per la terza volta. Aspetta, aspetta: il giorno tramontava; tutti i cuori tremavano; ma il mare rimaneva tranquillo. Poi, a poco a poco, ecco salire dal fondo le lenticchie a una a una. E Cola non comparve più.
Questa è l’antica leggenda di Pesce Cola.
Luigi Natoli: L'Almanacco del fanciullo siciliano. L'opera è la fedele trascrizione del volume originale pubblicato dalle Industrie Riunite Editoriali Siciliane nel 1925, corredato con le foto dell'epoca.
Pagine 274 - Prezzo di copertina € 19,00
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