C’è un palermitano illustre, anzi illustrissimo, che non è sepolto e neanche ricordato nel pantheon dei siciliani illustri, nella chiesa di San Domenico del capoluogo. Una vergogna (e un’offesa) per un uomo che ha dato tutta la sua vita in termini di produzione letteraria alla sua Sicilia. Starebbe bene anche in compagnia di intellettuali, molti dei quali suoi amici, e con i quali ha condiviso ricerche e animato la cultura siciliana. Lui è Luigi Natoli, noto anche come William Galt o Maurus, l’autore dei Beati Paoli, commediografo, storiografo, letterato e poeta che fu anche collaboratore del Giornale di Sicilia, uomo di vasta cultura e dal versatile ingegno. L’accorato appello è quello di Ivo Tiberio Ginevra che, insieme con la moglie Anna Squatrito, con la loro casa editrice, I Buoni Cugini editore, hanno recuperato e portato a nuova vita le opere di Natoli che, polverose, giacevano in archivi e ripiani di biblioteche.
“Un
recupero che non solo ha fatto conoscere opere inedite dello scrittore – dice Ginevra
– ma anche le opere famose nelle loro pubblicazioni originali, epurate da tutte
le modifiche fatte dalla casa editrice La Madonnina e dai successivi editori:
modifiche, sempre peggiorative, alle volte sostanziali nella storia come in
Fioravante e Rizzeri o nella forma letterale come in Cagliostro o Fra Diego La
Matina e così per quasi tutti i suoi romanzi”.
Un
lavoro di recupero, quello di Ivo Tiberio Ginevra e di Anna Squatrito, fatto
direttamente dagli originali che ha restituito al pubblico un autore quasi
dimenticato. Ammirazione così grande verso lo scrittore nato a Palermo nel
1857, quello dei coniugi-editori, tanto da portare Anna, nel giorno del suo
matrimonio a lasciare il suo bouquet di sposa sulla tomba di Natoli, a Sant’Orsola,
dove “ancora si può notare il nastrino che teneva i fiori”.
Una
tomba che, visto il degrado in cui versava, hanno pensato di ripulire e
migliorare tredici anni fa: dal marmo che non era più bianco su cui non si
leggeva quasi più il nome di Luigi Natoli al ripristino dello zoccoletto
(successivamente la sepoltura è passata ai Finocchiaro, eredi di Edgardo Natoli).
“Io e mia moglie nutriamo rispetto e ammirazione sia per l’uomo che per lo
scrittore – continua Ginevra – tutti lo conoscono solo come autore del grande
romanzo popolare I Beati Paoli ma quest’opera che gli diede fama, nel tempo, lo
ha irrimediabilmente ghettizzato negli autori di letteratura popolare. E questa
è una vera ingiustizia perché Natoli non era un letterato comune. Era coltissimo
e amico di tutti i siciliani illustri del secolo scorso, con i quali ha tenuto
cenacoli letterari, conferenze e collaborato in riviste e periodici. Da
Giuseppe Pipitone Federico a Mario Rapisardi, da Giuseppe Pitrè a Luigi
Pirandello”.
E
l’autore agrigentino scrive proprio ad uno scoraggiato Natoli tentando di
rincuorarlo per i problemi economici che lo affliggevano visto che lo scrittore
palermitano voleva prendere commiato dall’arte con una raccolta di poesie
intitolata Congedo. “Un Congedo illimitato dalla poesia, alla quale avrebbe
voluto dedicare tutto se stesso – racconta l’editore Ginevra – se le aspre
necessità della vita quotidiana non l’avessero obbligato a un lavoro, continuo,
ingrato e logorante”.
Ecco
le parole del premio Nobel siciliano (riportate nel libro di Sara Zappulla): “Caro
Luigi, Congedo? Che Congedo! Chi può mettere un volume in versi come il tuo non
ha diritto a congedarsi dalle Muse. Del resto, lo so, sono giuramenti da
marinaio! Quando si ha veramente nel sangue il male della poesia, è inutile
dire: Ora basta! Finchè il tuo sangue scorre e il tuo cuore batte, bisogna che
tu faccia versi e versi e versi. Piangi, e noi godremo! Grazie di tutto e un
fraterno abbraccio dal tuo Luigi”. Eppure, nonostante queste parole che
avrebbero rincuorato chiunque, Natoli non comporrà più poesie, prestando fede
al suo addio in Congedo.
Fu
il Giornale di Sicilia a pubblicare per la prima volta a puntate il romanzo d’appendice
sulla setta segreta de I Beati Paoli tra
il 1909 e il 1910 (poi pubblicato a dispense nel 1912 e 1931 dalla casa
editrice palermitana La Gutemberg) così come, nel 1936, Fioravante e Rizzeri mentre, negli anni scorsi, insieme con il
quotidiano, i lettori hanno trovato tutti gli altri romanzi di Natoli da I Beati Paoli al suo sequel Coriolano della Floresta a I morti tornano ambientato durante l’epidemia
di colera che flagellò Palermo, una sorta di noir ambientato nel 1837, anno
apice del disastro con più di ventimila morti, in cui al terrore del contagio –
topos letterario fortissimo da Lucrezio Bufalino a Camus passando per Boccaccio
e Manzoni – si mescolano tentativi di cospirazione antiborbonica, oltre a
vendette, intrighi e amori.
“L’opera
di recupero del grande scrittore palermitano – dice l’editore Ginevra – ha comportato
anche la pubblicazione di romanzi dimenticati come Ferrazzano, il Paggio della
regina Bianca e soprattutto Gli
schiavi, ambientato in Sicilia durante la seconda guerra servile nel 120
a.C. che Natoli riteneva il suo romanzo migliore”. Un paio di anni fa, Massimo
Finocchiaro, uno dei nipoti di Luigi Natoli, ha pubblicato con I Buoni Cugini
editori, I sette fratelli Natoli. Le vite
singolari dei figli di Luigi Natoli tra la Belle èpoque e il secondo dopoguerra
in giro per il mondo.
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