giovedì 22 ottobre 2020

Luigi Natoli: Tullio incontra i due cadetti di cavalleria. Tratto da: Braccio di ferro avventure di un carbonaro. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1820

La gente, che aspettava la processione, non gli badava: qualche amico passando, e dato uno sguardo, barattava una parola, salutava, e tirava innanzi per non essere di troppo; ma due cadetti di cavalleria, che si eran già fermati anch’essi in quei paraggi a poca distanza da Tullio, e avevan sorpreso qualche segno telegrafico delle dita, cominciarono fra loro a ridere e a far delle smorfie canzonatorie, che fecero più volte aggrondar le sopracciglia e arrossir Tullio per la stizza.
Erano allora i cadetti giovani di famiglie civili o signorili, che entravano volontari nella milizia per far carriera. Non eran semplici soldati, ma non eran neppure ufficiali, qualche cosa come gli allievi delle nostre accademie militari. Vagheggini, eleganti, approfittavano della loro condizione privilegiata, ed erano spesso insolenti, prepotenti e rissosi.
Quei due cadetti indossavano una bella uniforme turchina gallonata d’argento, con le piccole falde rivoltate indietro ad angolo, coi calzoni di pelle bianca aderenti alla coscia, e gli stivali alla scudiera lucidi come specchi. Stavano piantati con le gambe larghe, la sinistra sull’elsa della sciabola, l’alto kepy di cuoio, largo di fondo, e stretto di testa, calato sull’orecchio destro, con un’aria brava, provocante, che cominciava a far fremere Tullio Spada, e a mettergli nelle mani un tal pizzicore, che egli dovea fare uno sforzo per raffrenare i suoi nervi, e non farne qualcuna delle sue. Soprattutto lo forzava alla prudenza, il timore di spaventar Rosalia. 
Ma i due cadetti, presero quella prudenza per paura, e divenuti più coraggiosi ed insolenti, si avvicinarono ancor più a Tullio, sghignazzando. Anzi, uno di essi alzati gli occhi al balcone di Rosalia, spinse la sua sguaiataggine sino al punto di rifare un gesto del giovane. 
Non ci volle altro. 
Senza dire una parola, serrando le mascelle, ma con certi occhi che schizzavan vampe, Tullio Spada, si avvicinò ai due cadetti; e buttato via il bastone che gli era di impaccio, li acciuffò pel petto uno da destra, uno da sinistra, squassandoli con così violenta rapidità che quelli non ebbero né il tempo, né il modo di scansare l’assalto e difendersi. 
Rosalia mandò un grido di spavento; al suo grido fecero eco quello di sua madre e suo padre, il signor Anselmo, che stupìto e spaventato si mise a gridare: 
- Tullio! Tullio!...
Quelle grida, gli urli dei cadetti, lo sbatacchìo delle sciabole sul selciato, fecero voltar la gente, che non si era accorta di nulla, tanto il gesto di Tullio era stato subitaneo. Ma alla vista confusa di quei tre corpi che si agitavano scompostamente, non sapendo che fosse, le donne, levando alti strilli, scapparon di qua e di là, gli uomini indietreggiarono, intorno a Tullio ed ai cadetti, si fece largo e apparve allora agli occhi di tutti uno spettacolo così singolare, che la paura si mutò in stupore. 
I due cadetti, rossi in viso, col capo nudo, (che i kepy dopo aver dondolato un po’, eran caduti) con le uniformi sbottonate, sgualcite, facevano sforzi per liberarsi dalle mani di Tullio Spada; ma quelle mani parevan due morse di acciaio, e le braccie due leve possenti che sbattevano i malcapitati in alto, in basso, a destra e a sinistra come due burattini. Sbuffando, sacramentando, non potendo liberarsi da quelle mani indiavolate, i cadetti cercavano di sguainare le sciabole; ma Tullio Spada compì un gesto, che suscitò la meraviglia di tutta la folla. 
Con un gesto, che pareva non gli costasse alcuno sforzo, così acciuffati come li aveva, sollevò i due cadetti in alto, uno a destra, l’altro a sinistra; li sollevò oltre la sua testa; li tenne così un attimo, quasi per godersela a vederli buttar le gambe in aria; e, come fossero stati i piatti di una gran cassa, li battè, uno contro l’altro, una volta, due volte, tre volte…
Pareva battesse due pantofole per spolverarle. La folla dapprima sbalordita alla forza prodigiosa di quei muscoli e di quei nervi, ruppe in grida di entusiasmo, come a uno spettacolo.
- Bene! bravo! forza!... pigliatevi questa, marionette!
Ma ecco una voce gridare: 
- I birri! I birri!
Coi birri, in quei tempi specialmente, era meglio non averci da fare. Tullio Spada diede un ultimo colpo ai cadetti, e, mezzo svenuti per le percosse e per la vergogna, gittatili per terra come due sacchi vuoti, fendè la folla, che lo applaudiva e, infilato il portone della casa della fidanzata, lo chiuse di dentro, per mettersi in salvo, prima che giungessero i birri. 




Luigi Natoli: Braccio di ferro avventure di un carbonaro. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1820.
Riproduzione fedele dell'opera originale pubblicata in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1930
Copertina e illustrazioni interne di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it (spedizioni in tutta Italia)
Disponibile su Ibs, Amazon, e tutti i siti vendita online.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133, Palermo)

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