Don
Francesco uscì dal palazzo, e s’avviò verso S. Domenico, per andare alla loggia
dei Genovesi, che era nella piazza del Garraffello, dove a quell’ora
s’adunavano i mercanti. Erano le logge allora quel che oggi presso a poco sono
le borse; ma con un campo di operazioni più largo, perchè vi si trattavano
tutte le faccende di commercio: dalle granaglie alle stoffe: e vi si
contraevano mutui e scambi e vendite. Tutta una folla di faccendieri, di
mediatori, di procaccianti si aggirava intorno ai vari banchi, dietro i quali
sedevano gravemente i mercanti coi loro commessi, con le bilancette per pesare
le monete d’oro e d’argento. Qua e là gruppi e capannelli di gente che
confabulava sottovoce, per contrattare, per dare il prezzo; e in giro, fra un
banco e l’altro, fra un capannello e l’altro qualche figuro, losco e fosco, con
un gran ciuffo di capelli sulla fronte, un grande spadone ai fianchi; la guardatura
di chi fruga e cerca leggere in viso o cogliere al movimento delle labbra le
parole susurrate a voce bassissima.
Erano
malandrini che vivevano di scrocchi e di imposizioni, e fiutavano gli affari, e
al momento opportuno si avvicinavano o al banchiere o al compratore, e
pretendevano e ottenevano un regalo proporzionato alla somma. Nessuno si
rifiutava. Rifiutarsi equivaleva esporsi alle rappresaglie e alla vendetta, che
potevano anche arrivare con una coltellata, di notte, a tradimento. Erano i re
dei mercati e delle logge. Chi non voleva impicci, chi desiderava vivere in
pace, e meritarsi la protezione di questi ricattatori, pagava un tanto al
giorno o alla settimana, sui propri guadagni. Il malandrino così stipendiato
accordava la sua protezione al banco o alla bottega; e nessuno si rischiava di
rubarla.
La
giustizia più volte aveva cercato di purgare la città di questa lebbra; e i
Vicerè avevano moltiplicato i bandi; ma invano. Quando qualcuno di questi
malandrini era colto, non mancavano protettori che lo sottraevano alla meritata
punizione. Erano grandi e potenti signori che si servivano assai spesso
dell’opera di quelli, per esercitare qualche vendetta o per cavarsi qualche
capriccio, senza correre alcun rischio. Una manciata di pezze d’argento, e il
malandrino serviva scrupolosamente. Tornava il conto dunque di sottrarli, alla
giustizia, per averli sotto mano e non essere denunciati.
Marcantonio
Colonna aveva anche lui cercato di sbarazzare la città di questi malandrini.
L’anno innanzi, nel mese di agosto ne aveva fatto impiccare uno, a una forca
altissima. Si chiamava Geronimo Colloca, e aveva stabilito il suo dominio nella
piazza ciel mercato, sì che lo chiamavano il Re della Bocceria.
Luigi Natoli: La dama tragica. Romanzo storico siciliano ambientato a Palermo nel 1560, al tempo del vicerè Marco Antonio Colonna, di donna Eufrosina Corbera e della loro storia d’amore.
L’opera è la trascrizione del romanzo originale pubblicato dalla casa editrice La Gutemberg nel 1930.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 604 – Prezzo di copertina € 24,00
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