lunedì 23 luglio 2018

Luigi Natoli: una rivolta senza seguito e la morte di Paolo Caggio. Tratto da: Squarcialupo.


Giovan Luca si rattristò. Certo la confessione di Vincenzo Di Benedetto così spontanea e sincera, lo purgava dall’accusa di tradimento: ma la sua facilità a confidare il giorno e l’ora della rivolta, aveva mandato a monte la sorpresa e compromessa la riuscita. Ah! avere quel frate nelle mani. A ogni modo il dado era tratto: bisognava andare innanzi, alla vittoria o alla morte. Uscendo dalla chiesa, Giovan Luca, levando in alto la spada, gridò: 
- A morte i traditori!... Cittadini, all’armi!
E i compagni ripeterono il grido. Ma nessuno uscì dal Duomo per seguirli, e la gente che si affacciava sulle soglie delle botteghe e delle case, o che andava per le vie, guardava meravigliata, non sapendo che fosse, Vincenzo di Benedetto agitava la spada, gridando, e gli altri con lui, invano: 
- Viva il re! Muoiano i traditori!...
Scesero per la via Marmorea: soli, senza seguito, il popolo guardava e li lasciava passare, senza neppure secondare quel grido. Era una cosa inconcepibile: mastro Iacopo se ne sdegnava: apostrofava gli imbelli, che stavano a vedere, come fossero a uno spettacolo; li sferzava con male parole:
- E che? siete sordi? Che aspettate, che vi impicchino, figli di cani? Siete diventati dunque tante carogne, che non vi sentite fremere il sangue? Il re di Fiandra fa morire i Conti, quei Conti che andavano là per difendervi, e voi ve ne state con le mani alla cintola? Puh! Vili!
Ma nessuno si moveva: quei ventidue cavalieri percorrevano la via Marmorea, gridando, come anime sperdute. Avessero almeno trovato una resistenza! Ma dove erano le milizie spagnole? Dove il luogotenente generale? In verità il duca di Monteleone aveva perduto la testa. Sapendo che i congiurati dovevano calare dalle campagne, non aveva per prima cosa ordinato la chiusura delle porte della città; non aveva chiamato le fanterie spagnole del Castello a mare: si era invece chiuso coi giudici, coi più odiati partigiani di don Ugo, nello Steri: abbandonando così la città a quei ventidue che, ironia! non trovavano seguito e potevano essere schiacciati in mezz’ora. 

I congiurati proseguivano, chiamando il popolo alle armi, quando da una viuzza videro uscire un dabben uomo, archiviario del comune, Paolo Caggio, che al grido e alla vista, spaventato si diede a fuggire. Vincenzo di Benedetto, che ardeva più degli altri di menar le mani, lo rincorse e lo uccise. Povera vittima incolpevole, e inutile, l’archiviario versò il primo sangue, solo perché Vincenzo di Benedetto aveva bisogno di mostrare che non aveva tradito! Ma quel sangue non fomentò le ire: destò compianto; e non diede seguito ai congiurati, che percorsero tutta la via Marmorea, uscendo nel quartiere della Loggia; giunsero fino alla Chiesa della Catena, senza aver altri che li seguisse che un giovinotto novizio dei Dominicani, che doveva esser più tardi il loro storico: Tommaso Fazello. 
Giovan Luca entrò nella chiesa, scoraggiato, avvampando di sdegno contro l’inerzia del popolo; si lasciò cadere sopra un banco, delle lagrime gli rigarono il volto, il suo sogno vaniva: aveva spinto quei suoi compagni alla morte, fidando nel popolo; e il popolo li lasciava soli! Che avevano fatto dunque quei popolani che eran con lui, e che passavano per capipopolo? E mastro Iacopo? Nessuno rispondeva alle querimonie di Giovan Luca si guardavano muti e squallidi e disanimati: lo stesso Piededipapera si grattava il capo, non sapendo fare altro.
Ma poco dopo, superata quella crisi di abbattimento, Giovan Luca si alzò, pareva trasfigurato:
- Signori – disse – abbiamo giurato di andare o alla vittoria o alla morte. La vittoria ci è mancata; andiamo a morire; per la Sicilia e per la libertà! Avanti!...


Luigi Natoli: Squarcialupo. Per la prima volta in unico libro ad opera de I Buoni Cugini editori nella versione originale pubblicata a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 02 febbraio 1924. 
Pagine 684 - prezzo di copertina € 24,00
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Foto: Chiesa S. Maria della Catena




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