Uscimmo nel giardino, in fondo al quale era una
grotta artificiale, così buia che, per penetrarvi fu necessaria una lanterna.
Scendemmo per quindici scalini, che mettevano a un sotterraneo, vasta sala
rotonda, in mezzo alla quale era una tavola.
I miei amici ne sollevarono il piano, e allora vidi
che essa aveva una forma di cassa, la quale conteneva una piccola cassetta di
ferro solidamente serrata.
La mia curiosità era vivissima, giacchè i due
archivari non mi avevano detto nulla, e m’avevano fatto credere che si
trattasse di una scampagnata.
Aperta la cassetta vidi che essa conteneva
scritture, tra le quali l’Hermann e il Robert scelsero un manoscritto, simile
ai bastardelli di notari o ai messali, su la prima pagina del quale in
caratteri grandi si leggeva anche a distanza: “Noi, gran maestro di Templari”.
Stupìto lessi quel che seguiva: era una formula di
giuramento terribile, che obbligava i massoni, oltre a tutti gli obblighi di
segreto e di rito, a lavorare per la distruzione dei governi dispotici e per la
restaurazione della libertà. La formola era scritta col sangue, ed era seguita
da undici sottoscrizioni; ma, ciò che accrebbe il mio stupore, fu il vedere per
primo l’impronta della mia cifra simbolica.
Io avevo allora adottato per firmare le mie lettere
una cifra misteriosa; ma non avevo certamente sottosegnato quel documento, del
quale fino allora ignoravo l’esistenza. Hermann mi disse:
- Vi maravigliate di trovare la vostra cifra; ma noi
l’abbiamo posta con le nostre, sicuri che non ci può mancare il vostro
consentimento. Bisogna che tutti i buoni massoni lascino le astrattezze e le
formule vuote, per entrare in un terreno pratico e raggiungere uno scopo. Voi
non ignorate in quali condizioni si trovino i popoli, e specialmente il nobile
popolo francese e quello d’Italia. Nessuna perfezione sarà possibile, senza dar
loro la libertà. Le nostre logge lavorano per questo. Qui vedete le firme
di dodici Gran Maestri degli Illuminati della Stretta Osservanza, dei quali voi
siete uno. V’è anche Tommaso Ximenes, uno dei più poderosi ordinatori. Il patto
che abbiamo stretto ci dà grandi mezzi, perché stringe tutte le logge in un
fascio. Noi siamo cento ottanta mila; ognuno di noi versa ogni anno cinque
luigi, il che costituisce un fondo di tre milioni e sei cento mila lire
all’anno, che servono pel mantenimento dei capi, degli emissari presso le
corti, pel mantenimento delle navi, per tutte le spese occorrenti, insomma.
Questo denaro è depositato nelle banche di Amsterdam, Rotterdam, Londra, Genova
e Venezia. Voi siete uno dei capi. Vi riconosciamo, sebbene si sappia che vi
siete staccato dal rito scozzese, per richiamare in vigore l’antico rito di
Menfi. Ma ciò non importa. La legge fondamentale è una. Voi dunque siete dei
nostri, e noi vi dobbiamo quell’assegno che vi spetta per vivere con decoro ed
esercitare l’opera vostra dignitosamente.
Io ascoltai questo discorso, senza risponder nulla.
Che cosa potevo dire? Quel libro, quel patto, quelle parole mi aprivano un
nuovo orizzonte, aggiungevano qualche cosa al mio concetto di riforma,
integravano la mia massoneria egiziana. Confermai la mia sigla. Hermann e
Robert mi contarono seicento luigi in oro, come primo assegno, e ritornarono a
Francoforte.
Luigi Natoli: Cagliostro e le sue avventure. Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1914
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