Mittan
segna il principio della mia nuova carriera; a Mittan io divenni il Gran Cofto,
il maestro sconosciuto e aspettato dalle varie sette massoniche, come il
vendicatore di Iram, il gran maestro del tempio di Salomone. A Mittan eressi la
prima loggia del nuovo rito che io avevo elaborato nel mio cervello: il rito
egiziano; lì cominciai veramente a far proseliti; lì io diventai l’uomo nuovo.
Se
voi mi domandate come io sia diventato così eloquente da trascinare dietro di
me coloro che mi udivano, io vi rispondo come risposi ai miei giudici: – “Non
lo so”. Non possedendo una grande cultura, né essendomi esercitato mai a
comporre discorsi, io stesso provavo una specie di sbalordimento, uscendo da
una adunanza, e mi rivolgevo la stessa domanda. Il fatto sta che appena io mi
accingevo a parlare, vestito delle mie insegne, nella loggia, fra i triangoli
di candele e gli arredi simbolici, in mezzo ai fratelli, mi sentivo invaso da
uno spirito nuovo; e i pensieri si accumulavano nel cervello, le parole
fluivano nella bocca, la mia volontà si trasfondeva negli altri. E lo stesso
fenomeno inesplicabile avveniva quando io comunicavo quella specie di estro
profetico o divinatorio, ai ragazzi, che, secondo il mio rito, avevo chiamato pupille o colombe. Io avevo ben sperimentato un potere misterioso sopra
Lorenza e qualche altro; costringendoli a confessare quel che volevo e a
operare secondo il mio pensiero: ma con le pupille
era ben altra cosa.
Esse
vedevano ciò che io desideravo in cuor mio che vedessero, ma che io non vedevo.
Come avveniva ciò? Anche gli spettatori avevano la sensazione che esseri
impalpabili si aggirassero intorno a loro: era realtà? Era illusione? Possedevo
io senza saperlo, la virtù eccezionale di evocare gli spiriti dal mondo
invisibile?
Ancora
non posso darvi una risposta esauriente, perché io stesso non ci vedo chiaro:
certo è che non si tratta di un caso singolo ed eccezionale; e che io da allora
in poi mi avvalsi di questa operazione maravigliosa, per far proseliti.
Il
Gran Cofto aveva qualche cosa del papa: come questo, riceveva l’obolo per poter
esercitare il suo ufficio. Io contavo su Parigi, per dare al mio grado tutta la
potenza, tutta la ricchezza che erano il mio sogno; e per poter fondare a
Parigi questa mia potenza, per potere di là muovere a mia posta quelle migliaia
di affiliati al mio rito, che già prendevano posto di combattimento per
abbattere o trasformare la vecchia massoneria, era necessario veder quanto di
meglio avesse Parigi, prostrato al mio piede.
Luigi Natoli: Cagliostro e le sue avventure. Nella versione originale pubblicata a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1914
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