mercoledì 24 luglio 2024

Luigi Natoli: La rivolta di Giovan Luca Squarcialupo, quel 24 luglio 1517... Tratto da: Squarcialupo. Romanzo storico siciliano.

Entrarono dalla Porta Nuova, come una comitiva di amici; la porta era aperta, i gabellieri al loro posto, tranquilli; nessun indizio di sospetti. Poiché non era ancora l’ora del vespro, Giovan Luca entrò coi compagni nella vicina chiesa di San Giacomo, che era deserta. E là concertarono ancora quale dovesse essere l’opera di ognuno e di tutti. Piombare nel Duomo, con le armi in pugno, sorprendere il duca di Monteleone, impadronirsene, uccidere chi osasse resistere, e i giudici che tanto odii avevano suscitato: insignorirsi del potere, ma non ripetere la sciocchezza commessa l’anno innanzi, quando fu cacciato don Ugo. 
Ed ecco il campanone del Duomo sonare a Vespro: e ogni colpo rimbombare nel cuore di ognuno, e farlo balzare. È l’ora. Si scambiano uno sguardo; e taciti, pensosi di quel che fra un istante avverrebbe scendono verso il Duomo. La grande porta è spalancata; il sole illumina il bel prospetto e ravviva la patina dorata distesa dal tempo sulla pietra e sul marmo. Si sente il canto snodarsi lento e solenne; in quel momento, pensano, il luogotenente si è seduto nel soglio. Entrano, corrono verso l’abside maggiore, tra i fedeli stupiti di quella irruzione a mano armata; ma quale delusione! V’erano i canonici, v’era l’arcivescovo; non c’era né il luogotenente generale, né i magistrati, né il senato. 
Come? Perché?
Un sagrista, che al vederli entrare armati, s’era messo a gridare: – Sono qui! Sono qui! – cercando di fuggire; raggiunto, spiegò loro che il duca aveva saputo che volevano ammazzarlo, e non era uscito dallo Steri. Questa risposta stupefece tutti: l’aveva saputo? Da chi? c’era un traditore dunque fra loro? Giovan Luca guardò con occhi lampeggianti d’ira i suoi compagni – Chi è il Giuda? – gridò.
Ma tutti protestarono vivacemente e fieramente. Il traditore non era fra loro: essi erano tutti lì pronti a ogni rischio, e Giovan Luca aveva torto ad offenderli. Ma Vincenzo Di Benedetto, fratello di Cristoforo, si diede un pugno sulla testa, e sclamò: 
- Ah il gesuato! Il gesuato!... deve essere stato lui!...
E raccontò che due giorni innanzi si era confidato con un frate dell’ordine dei Gesuiti, il quale si doleva di quel che facevano i giudici e i partigiani di don Ugo, che ancor rimanevano; e lui lo aveva creduto uno dei nostri, che sarebbe stato utile per levare il popolo: ciò che il frate aveva promesso. 
- Non ho tradito, ho avuto forse troppa fiducia, se credete che io sia colpevole, punitemi! Ma non mi dite traditore. 
Giovan Luca si rattristò. Certo la confessione di Vincenzo Di Benedetto così spontanea e sincera, lo purgava dall’accusa di tradimento: ma la sua facilità a confidare il giorno e l’ora della rivolta, aveva mandato a monte la sorpresa e compromessa la riuscita. Ah! avere quel frate nelle mani. A ogni modo il dado era tratto: bisognava andare innanzi, alla vittoria o alla morte. Uscendo dalla chiesa, Giovan Luca, levando in alto la spada, gridò: 
- A morte i traditori!... Cittadini, all’armi!
E i compagni ripeterono il grido. Ma nessuno uscì dal Duomo per seguirli, e la gente che si affacciava sulle soglie delle botteghe e delle case, o che andava per le vie, guardava meravigliata, non sapendo che fosse, Vincenzo Di Benedetto agitava la spada, gridando, e gli altri con lui, invano: 
- Viva il re! Muoiano i traditori!...
Scesero per la via Marmorea: soli, senza seguito, il popolo guardava e li lasciava passare, senza neppure secondare quel grido. Era una cosa inconcepibile: mastro Iacopo se ne sdegnava: apostrofava gli imbelli, che stavano a vedere, come fossero a uno spettacolo; li sferzava con male parole:
- E che? siete sordi? Che aspettate, che vi impicchino, figli di cani? Siete diventati dunque tante carogne, che non vi sentite fremere il sangue? Il re di Fiandra fa morire i Conti, quei Conti che andavano là per difendervi, e voi ve ne state con le mani alla cintola? Puh! Vili!
Ma nessuno si moveva: quei ventidue cavalieri percorrevano la via Marmorea, gridando, come anime sperdute. Avessero almeno trovato una resistenza! Ma dove erano le milizie spagnole? 


Luigi Natoli: Squarcialupo – Opera inedita. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1517, quando Giovan Luca Squarcialupo, patriota, sognò e realizzò anche se per poco, un governo repubblicano. L’opera, mai pubblicata in libro, è costruita e trascritta dal romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 684 – prezzo di copertina € 24,00
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