venerdì 12 luglio 2024

Luigi Natoli: Oggi è la festa di Santa Rosalia! Tratto da: I mille e un duelli del bel Torralba. Romanzo storico siciliano

 
L’arrivo di Fabrizio troncò il racconto delle maravigliose imprese. Il giovane si trasse di tasca un piccolo astuccio e l’offerse a Rosalia. 
- È la vostra festa – le disse – accettatelo come ricordo. 
Era un bel cammeo incastrato in una spilla d’oro, contornata di diamantini. Rosalia arrossì di piacere: e rivolse a Fabrizio uno sguardo di riconoscenza, mentre gli porgeva le mani. Il marchese borbottò:
- Diamine! È vero: oggi è la festa di santa Rosalia! come mai non ci ho pensato?
- Noi ceneremo insieme stasera – disse Fabrizio – ma prima voglio che godiate la vista di una delle nostre passeggiate, che è forse una delle più belle d’Italia. Voi a Napoli, col vostro mare, non avete nulla di simile.
Era l’ora della passeggiata alla Marina, che quell’anno si prolungava ancora. Rodrigo aveva fissata per quell’ora una bella carrozza tirata da due cavalli con un servizio di staffieri ritti sul predellino di dietro: c’era una rimessa nella strada dell’Alloro che dava a nolo di queste carrozze ai forestieri, per sedici o diciotto tarì: vi figurava come proprietario uno speculatore, ma si sussurrava che i capitali glieli avesse forniti un signore della nobiltà, che naturalmente ne traeva guadagni. Di queste carrozze non si servivano soltanto i forestieri, ma anche gli uomini del foro o alti impiegati che non possedevano carrozza propria, e ai quali pareva un degradarsi andare a piedi alla marina, o servirsi dei larioli, ossia delle vetture comuni da nolo, che i proprietari Bruno o Montalbano tenevano in piazza.  
La Marina, battezzata di recente col nome di Foro borbonico, offriva allora uno spettacolo scenografico che i posteri si affrettarono a distruggere con quella bestiale insipienza che i nostri vecchi – e non c’era allora l’istruzione obbligatoria – non avevano quando si trattava di ornare la città. I due bastioni del Tuono e di Vega che la ingombravano, erano stati abbattuti per dare maggiore spazio alla passeggiata. Nel mezzo c’era la carreggiata, presso a poco nelle stesse proporzioni d’oggi; dalla parte del mare un marciapiedi, che da un lato aveva scogliere e muriccioli; dalla parte della città il largo marciapiedi lungo la cortina, da Porta Felice a Porta dei Greci. Questa era la parte monumentale; due fontane poste alle due estremità, ornate di statue una delle quali eretta fin dal 1582, spandevano da copiosi zampilli acqua nelle duplici vasche; fra esse si ergevano su piedistalli decorati le statue di Carlo II, Filippo V, Carlo III e Ferdinando IV. Nel mezzo sorgeva il “teatrino” o palchetto per la musica, nella sua architettura secentesca, così originale, alla quale si volle sostituire quella fredda imitazione classica che tuttora conserva. La cortina non era coperta dalle insipide bugne, che danno un aspetto di bastione, come oggi; era invece dipinta: rappresentava una serie di grandi arcate marmoree, con balaustre, statue, vasi imitanti il marmo; e sfondi di piante e uccelli, e cieli percorsi da nuvole rosee. 
Questo porticato scenografico era interrotto da sei casini, che sporgevano alquanto fuori del filo della cortina: e si addentravano sotto il terrapieno del bastione e appartenevano a signori di grande nobiltà, che d’estate vi si recavano, e tenevano conversazione. Sull’alto della cortina, correva un muretto, interrotto da pilastri sui quali c’erano le statue dei re normanni, svevi, aragonesi: ma da parecchi anni erano state tolte; ora v’erano dei vasi. Lassù nel terrazzino era la passeggiata delle vedove, che aveva fatto dare a esso il nome di Mura d’i cattivi, chè nel dialetto cattiva vuol dir vedova. Statue, fontane, pitture, davano alla passeggiata un aspetto monumentale, che ora ha perduto, al quale faceva riscontro l’ampia curva del golfo, col suo piano or profondamente azzurro, or opalino, col monte Pellegrino da un lato, col capo Zafferano dall’altro, vestito in quell’ora dalla luce del sole leggermente dorata che dava alla roccia un dolce color violaceo. 
Quando la carrozza di Fabrizio uscì da porta Felice, e agli occhi di Rosalia si dispiegò il doppio scenario, non potè trattenere un piccolo grido di maraviglia. Il marciapiedi era affollato, pareva che tutta la città vi si fosse data convegno; gente di tutte le gradazioni dei civili, cioè del ceto medio che viveva di lavoro: impiegati, gente del foro, mercanti, militari, frati, collegiali, patriarcali, ragazze pudiche, donne imbellettate e un po’ troppo libere di modi, madri guardinghe; mariti gelosi; una folla immensa, varia; uno scarpiccìo, un brusìo, sul quale si levavano in cadenza le voci dei venditori di semi e fave abbrustolite, o di acqua fresca. Sulla carreggiata era un via vai vertiginoso di carrozze a due o a quattro cavalli, con cocchieri imparruccati, il “cacciatore” e gli staffieri dietro; gente a cavallo, giovani aristocratici e ufficiali di vari corpi; uniformi rosse, verdi, azzurre, con grandi ricami d’oro e d’argento, con spalline abbaglianti, gente in “tarioli” o in “timonelle” che guizzavano come fulmini: carrozze, livree, finimenti, luccicavano di vernici, di metalli: le vesti e le acconciature delle donne eseguite sul figurino di Parigi, splendevano nei loro vivaci colori; gli uomini anche della borghesia di una eleganza irreprensibile; in tutto un lusso aristocratico, una ricchezza fine, un gusto che stupivano sempre più Rosalia. 
- Par di essere a Parigi...
In quel momento il concerto musicale che era sul palchetto cominciò a sonare; e allora le carrozze si fermarono presso il palchetto, e la folla tacque per gustare il pezzo della Serva Amorosa, con l’attenzione che rivelava la innata passione dei cittadini per la musica. 
 Il tramonto ora ammantava di porpora il capo Zafferano e le cime occidentali del monte Pellegrino: il cielo diventava sull’orizzonte di un color d’amaranto, e il mare appariva a riflessi cangianti ceruli e rosei, come di seta. Le carrozze riprendevano la loro corsa: presso Porta di Greci, un burattino dal suo castelletto divertiva uomini e ragazzi con le avventure di Pulcinella. Alla estremità opposta, presso la Sanità, pescatori, navicellai, popolani, si affollavano intorno a un uomo, che, ritto sopra un tavolino, gesticolando con uno spadino in aria, narrava le avventure dei paladini: lungo la spiaggia, verso la Villa Giulia, che già insuperbiva delle sue piante chiomate, altri pescatori tiravano in secco le barche; solitaria e quasi appartata in questa porta non frequentata passeggiavano delle coppie di innamorati: dal lato opposto, accanto alla Porta dei Greci, dei tavolini coperti di tovaglie indicavano una trattoria. Ve n’erano un paio; ritrovi notturni degli eleganti; dove i signori erano sicuri di trovare pesce quasi ancor vivo e buon vino e manicaretti appetitosi; ed eran serviti con argenteria. 
Era uno spettacolo vario, che si componeva e scomponeva di colori, luci, forme, come in un caleidoscopio, e che empiva di maraviglia Rosalia, alla quale dava l’idea di una città felice, dove la gente non aveva altro da fare che godere la vita. 


Luigi Natoli: I mille e un duelli del bel Torralba. Romanzo storico siciliano. 
Opera inedita, fedelmente trascritta dal romanzo pubblicato unicamente a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1937.
Pagine 456. Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15%, consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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