Nel secolo XIII perdurava ancora, in Palermo specialmente, la
toponomastica araba: sebbene ormai i Saraceni ridotti a poche diecine di
migliaia, fossero stati allontanati dall’isola e concentrati da quattr’anni a
Lucera, e in Palermo non si vedesse che gli schiavi e qualche musulmano che
esercitava industrie, e non aveva preso parte alla insurrezione, tuttavia molte
strade si chiamavano ancora col nome arabo, divenuto popolare. Questi sera erano strade sulle mura; oggi si
direbbero boulevards, ma nel duecento non si sapeva come tradurre il vocabolo
arabo; e la tradizione di circa quattro secoli ne prolungava l’uso. Il Sera del
Kes, ossia della calce, corrispondeva a quel tratto della odierna via del Celso
che va dalla Chiesa dei Tre Re, sin quasi allo sbocco della via Maqueda. Da
questo punto e forse dalla porta degli Schiavi che si apriva dove ora è la
discesa di Santa Marina, fino alla piazzetta di S. Teodoro li Scannati (ora
delle Vergini) prendeva nome di Sera della porta della Salute, (bas as Safa) e,
più in giù, di S. Antonio, dove andava a finire. Dalla parte superiore, cioè
dalla attuale chiesa dei Tre Re in su, fino a raggiungere la via Coperta, si
chiamava Sera di Sant’Agata.
Siccome questa lunga strada era una delle principalissime della città
antica, chiusa ancora e distinta dai borghi e dalla città nuova, vi sorgevano
molti e nobili palazzi, dei quali qualche avanzo trecentesco è ancora visibile
fra le brutte e volgari case che ne presero il posto.
La ruga del Teatro corrispondeva presso a poco alla attuale via di
Montevergini: e prendeva questo nome dall’antico teatro, probabilmente romano,
del quale ancora esistevano le cavee e parte della scena e dell’orchestra; ma
spogli di marmi e colonne, dei quali i Saraceni si erano serviti per abbellire
le loro case.
Il palazzo dove entrarono il giovine cavaliere e il giullare non era
molto grande; aveva un’alta torre massiccia, che occupava più d’un terzo
dell’edificio, e tre grandi finestre, due bifore sull’ala del palazzo una
trifora ricca di ornati nella torre. La piccola corte aveva da un canto le
scuderie, dall’altro la scala, che metteva a un piccolo portico.
Dato il cavallo a un servo, il giovine cavaliere salì, seguito dal
giullare; ed entrato in una sala, alle cui pareti pendevano trofei d’armi e
d’armature, ordinò del vino…
Luigi Natoli: Viva l'Imperatore! Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di Federico II. Il volume è la fedele riproduzione dell'opera originale pubblicata a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 29 gennaio 1925.
Copertina di Niccolò Pizzorno
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