martedì 28 gennaio 2020

Luigi Natoli: L'addio ai soldati alla stazione. Tratto da: Alla guerra!

Alla stazione del Nord c’era una folla enorme per salutare i soldati partenti, che stipavano le vetture, pavesate di palme e festoni di quercia e d’alloro; ed eran dappertutto le stesse scene di saluti sommessi, sussurrati fra un bacio e una raccomandazione; come se ognuno avesse timore di far sentire agli altri il proprio dolore. Qualche volta due sguardi vicini s’incontravano; l’uno vedeva nell’altro il proprio dolore silenzioso, dissimulato sotto un ostentato sorriso di baldanza.
Si sentiva il soffocato singulto di tutti quei cuori oppressi dall’angoscia e dallo sforzo di non tradirsi; ma giù alla coda del treno, alcuni carrozzoni di terza classe e da bestiame, risonavano di canti, di risa, di schiamazzi.
Erano pieni di soldati della provincia, che non avevano lì i parenti, e parevan presi dalla esaltazione della guerra. Stipati in quei carrozzoni, con gli zaini fra i piedi, sopra i sedili, sulle reticelle, coi fucili fra le gambe, le giberne sul ventre, si abbandonavano all’impeto della giovinezza obbliosa.
Essi non sapevano dove andavano; sapevano che andavano contro i tedeschi; i tedeschi!... Non avevano mai veduti gli elmetti col chiodo lucente, non avevano ricevuto nessuna ingiuria, né patito alcuna violenza dai tedeschi; ma da quando avevan cominciato a balbettar parola, avevano imparato a odiarli: avevano imparato nelle scuole che i tedeschi avevan fatto molto male alla Francia; avevan portato via una parte del territorio, minacciavano sempre di invaderla, come tanti anni innanzi; come nel 1792, come nel 1814, come nel 1870! E bisognava prendere la rivincita; ricacciare i barbari entro le loro antiche sedi, al nord; liberare la Francia. Voci vaghe e confuse, si accomunavano in una sola, più intelligibile e più chiara: che bisogna vendicarsi dai tedeschi, e che si andava a combatterli. Nessuno pensava che, forse, non sarebbe più ritornato. La gioventù non pensa alla morte: ovvero la morte non appare come una probabilità imminente e spaventevole. La guerra destava le immagini imparate a scuola: qualcosa di magnifico, di sublime; come l’espressione di quello che di più puro, di più nobile abbia lo spirito umano; la strage perdeva il suo orrore, e si colorava delle tinte dell’eroismo: 

Rulla il tamburo
marciamo giovanotti
Rataplan!
Sventola il tricolore,
il cannone rimbomba
pim! pam!
Non piangere, Coletta;
quando ritornerò
ti sposerò!...

E tutta la tettoia della stazione tremava al ritornello, come presa anch’essa di eroica tenerezza: 

quando ritornerò
ti sposerò!...

Erano sicuri tutti di ritornare; andavano alla guerra, per prepararsi a quelle nozze con l’immaginaria Coletta: ma forse ognuno aveva la sua Coletta nel villaggio nativo, o al sesto piano del grande casamento del sobborgo; se non che tutte diventavano un’amante sola, che non piangeva, poiché s’andava a combattere contro i tedeschi, per la terra di Francia.
A ogni strofa, seguiva uno scoppio di evviva, di urla, di risa, di motti, che pareva lo scatenarsi di una gioconda tempesta; e sopraffaceva, stordiva le anime dolenti; talvolta grida, risa, canti confondendosi, empivano la tettoia, mescolandosi al soffio delle macchine sotto pressione.
Al segno della partenza gli addii si moltiplicarono; le mani stese dagli sportelli strinsero le mani che si porgevano dal marciapiede; alcuni si aggrappavano sui predellini per dare un ultimo bacio o un’ultima raccomandazione; delle mani commosse inviavano e si scambiavano baci, sventolavano fazzoletti; poi mentre il treno si muoveva lentamente, una voce vincendo la commozione gridò:
- Viva la Francia! 


Luigi Natoli: Alla guerra! Romanzo storico "contemporaneo" ambientato nella Francia della Prima Guerra mondiale.
Unicamente pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1914, è raccolto in unico volume nel 2014 (in occasione del centenario della Prima Guerra) ad opera de I Buoni Cugini editori, in un volume di 954 pagine. Il volume è impreziosito dai disegni e dalla copertina di Niccolò Pizzorno
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