mercoledì 10 ottobre 2018

Luigi Natoli: l'amore di Tristano e Aldonza e il castello di Calattubo. Tratto da: Squarcialupo

Il signor Giovan Paolo, non stimandosi sicuro, aveva pensato di partire per le sue terre, e nascondere Aldonza nel castello di Calattubo; lì, difeso dai suoi vassalli, avrebbe sfidato la collera del vicerè, e intanto avrebbe interessato il Pretore a supplicare il re in favore di lui. Ma la sommossa e la cacciata del vicerè gli fecero mutare avviso; non era necessario affrettarsi: stava a vedere; in ogni caso sarebbe stato sempre in tempo a partire. Ma per ogni buon fine, diede ordini rigorosi perché non si aprisse la porta a nessuno, senza suo ordine; e si munì di tutti i mezzi di difesa, come temesse un assalto o un assedio. Ad Aldonza proibì di affacciarsi o di farsi vedere dalle finestre della strada.
La povera fanciulla passò in tal modo da una prigione all’altra; e questa più grigia della prima: che se nel monastero aveva la compagnia di Anna, sua coetanea, alla quale confidava i suoi piccoli e grandi dolori, ed anche i suoi dolci sogni; qui, nella casa paterna, non vedeva che una vecchia serva paurosa del padrone, e suo padre, muto, fosco, sospettoso, aspro. Ella si chiuse in sé, e cercò la solitudine, per non vedersi intorno quei volti, che le ricordavano quello ostile della badessa di santa Caterina; e le pareva che mozzassero le ali ai suoi sogni.
Perché Aldonza sognava. E che cosa è la vita nel primo fiorire della giovinezza, se non un sogno? Il sogno di Aldonza era Tristano. 
Ella si vedeva in un tempo e in un paese indefiniti, trasformata in una di quelle eroine delle fiabe, armata, cavalcare in groppa a Tristano; soli, per boschi folti, che somigliavano a quelli che coprivano i colli intorno ad Alcamo, da lei attraversati una volta, da bambina, recandosi nel castello di Calattubo: come quelli, più di quelli, anzi, pieni di sussurri, di ombre, di misteri. E non finivano mai. Poi guadavano fiumi color d’argento, che serpeggiavano attraverso i boschi, senza far rumore. E di nuovo riprendevano la via attraverso il bosco. Incontravano un vecchio, con la barba lunga fino ai ginocchi, che indicava loro il cammino; e li avvertiva che più in là avrebbero trovato un altro più vecchio di lui, e cammina cammina giungevano a quest’altro vecchio, la barba del quale giungeva ai polpacci: e questo li avviava a un terzo vecchio, ancor più vecchio, che diceva: – “Andate più innanzi, troverete un castello, dove vorrete riposare: ma ve lo impediranno ostacoli grandissimi: voi li supererete, se avrete coraggio. Eccovi questo anello: quando uscirete dal bosco, contate sette lucertole: alla settima fregatelo sul pomo della spada e attendete”. E così fecero. Ed ecco, appena fregato l’anello apparire una fata, bella e bionda; e istruirli. E cammina cammina: vedono il castello. C’è un ponte per entrarvi, ma la testa del ponte è difesa da un drago che vomita fiamme e atterrisce il cavallo. Tristano, seguendo le istruzioni, uccide il drago, gli recide la testa e la getta nel fossato; poi intride i piedi nel sangue del drago; e fa intridere anche quelli di Aldonza. Maraviglia! Le suole diventano di ferro, e così possono attraversare il ponte che è coperto di chiodi irti e acuti. Passato il ponte, sulla porta del castello ci sono schierati sette cavalieri armati, e bisogna combattere e vincerli a uno a uno, colpendoli nella gorgiera. E Tristano li vince: e ognuno che è toccato nella gorgiera, manda un grande urlo e si precipita nel fossato. Dopo abbattuto il settimo cavaliere, la seconda porta del castello si apre; e si vedono paggi e valletti, vestiti di seta, render loro omaggio, aiutarli a scendere di cavallo, accompagnarli allo scalone. Che scalone! Tutto di pietre preziose che scintillavano da accecarne! E le stanze? Marmi preziosi, oro, argento, smeraldi e rubini, una maraviglia! Poi entrano nella camera, dove c’è un letto grande, tutto d’oro massiccio, con cortine di seta e tela d’oro. Vi sono delle ancelle graziosissime, alcune delle quali si avvicinano con grandi inchini, per spogliarla e metterla a letto. Allora essa si schermisce. Spogliarsi dinanzi agli occhi di Tristano? Una vampa di pudore le sale al volto... E si svegliò agitata e commossa.
Il castello di Calattubo si trovava nel territorio di Alcamo. Ma quel viaggio non era stato fortunato, come Tristano sperava. Egli non potè penetrare nel castello, perché l’ingresso gli fu vietato. Il ponte levatoio si mantenne sempre levato; e quell’orso del barone scambiò poche parole affacciandosi fra’ merli della torre, con Tristano che stava di qua dal fosso. E non fu possibile neppure di veder da lontano Aldonza: perché probabilmente il barone la custodiva in stanze che davano nella corte. Viaggio vano e triste! 


Luigi Natoli: Squarcialupo.
Nella versione originale pubblicata per la prima ed unica volta a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924. Edito in unico volume ad opera de I Buoni Cugini editori. 
Prezzo di copertina € 24,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti vendita online.
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Nessun commento:

Posta un commento