venerdì 24 agosto 2018

Luigi Natoli: Fabrizio di Torralba e le "nerbate" del padre Geronimo - Tratto da: I mille e un duelli del bel Torralba


Gli toccherebbe qualche decina di nerbate? Queste era risoluto a non farsele dare. Intanto aveva fame. Era solito ogni mattina mangiare dei crostini di pane abbrustolito bagnati nel caffè: certo non poteva pretendere che gli preparassero i crostini: ma il caffè, santo Iddio! Lo pretendeva. Se il suo signor padre aveva il gusto di tenerlo chiuso, ebbene, pagasse le spese del trattamento! Si avvicinò alla porta per picchiare; ma proprio in quel momento essa si aprì, e Fabrizio vide presentarsi due ceffi, due di quei facchini carcerieri – che con un sorriso sguaiato gli dissero: 
- Il padre Geronimo la desidera.
Fabrizio intuì che lo aspettava il nerbo. Si piantò sulla soglia vigilando, e rispose: 
- Andate a dirgli che a momenti andrò a trovarlo. 
L’atteggiamento risoluto, e la vigorìa che si rivelava nel gesto, stupirono i due manigoldi, che si guardarono, e poi guardarono Fabrizio, che li vigilava, temendo che quelli lo assalissero di sorpresa: e non s’ingannò. Improvvisamente quelli balzarono nella stanzetta: la sedia piombò con la stessa velocità, uno dei manigoldi mandò un urlo e barcollò con la fronte inondata di sangue; l’altro non aspettò il colpo e fuggì. Fabrizio richiuse la porta, ma si accorse che non c’era catenaccio o altro serrame interno. Allora pensò di sbarrare l’ingresso trascinandovi il tavolino per traverso, e dietro il tavolino, il letto. L’urlo intanto aveva fatto accorrere gli altri prigionieri, tutti giovani, ai quali non pareva vero che un recluso aveva rotta la testa a uno degli accoliti di padre Geronimo.
Il quale giunse, seguito dall’altro manigoldo. Era furibondo e brandiva ferocemente il nerbo. Aprì violentemente la porta, e vista la barricata, si fermò stupito. Dietro di essa stava Fabrizio, che sfasciata la sedia s’era armato di uno dei piedi più lunghi, e stava in atto di difesa.
- Che cos’è questo? – urlò il frate respingendo la barricata.  
- È – rispose Fabrizio – che qui non entrerà nessuno. Se vostra reverenza vuol parlarmi, lo faccia di costì e dopo che avrà mandato via quel brigante!...
- Chi siete voi per comandare qui dentro? Qui comando io!...
- Lei comandi pure; ma nerbate a me non me ne darà. Mandi a dirlo al mio signor padre. Con me, reverendo mio, non si scherza.
Quel linguaggio nuovo e risoluto, l’energia che traluceva negli occhi e gonfiava la salda muscolatura di Fabrizio, se stupivano e aumentavano maggiormente la collera del frate, suscitavano fra i giovani un mormorio di gioia, preludio forse a una sollevazione generale che non attendeva se non una spinta. Padre Geronimo lo intese, capì che ce ne andava di mezzo la sua autorità, e che per mantenere il suo prestigio doveva domare subito quel ribelle…  
Il padre Geronimo scaraventò un calcio sul tavolino, e lo respinse con tale violenza, che anche il letto indietreggiò. Il carceriere vergognandosi e credendosi difeso dal frate, tentò di respingere ancora la debole e informe barricata; ma la mazza di Fabrizio gli piombò sulle mani; e il malcapitato mandò uno strido che non parve umano, e se ne fuggì, invocando:
- Mamma mia! mamma mia!...
Padre Geronimo perse il lume degli occhi, con un balzo rovesciò l’ostacolo, parò col braccio muscoloso il colpo di Fabrizio, e alla sua volta menò una grande nerbata. Non potendo il giovine scansarla con un salto, per la strettezza dello spazio, la rese fiacca e vana, cacciandosi sotto, e abbrancandosi al corpulento frate. E allora la lotta prese un altro aspetto. Il frate più robusto, più grande, più pesante, non potendo adoperare il nerbo, rovesciò Fabrizio, tempestandolo di pugni; ma Fabrizio gli si appese alla lunga barba, e a ogni pugno dava uno strattone che al frate faceva vedere le stelle in pieno giorno:
- Ah figlio di satanasso! Ah canaglia – urlava disperato; aveva le guance e il mento pieni di sangue, e dovette cedere. Si alzò ansante, tastandosi le guance, fremendo, bestemmiando. Anche Fabrizio si rizzò: era pesto, ma per orgoglio, con uno sforzo di volontà non mostrò alcuna debolezza; raccattò la mazza che gli era caduta, e minacciò il frate:
- Senti, padre Geronimo, tu hai visto con chi hai da fare: puoi dunque lasciare da parte il tuo nerbo, se non vuoi che io ti metta in rivoluzione tutta la casa. Se sei ragionevole, potremo intenderci; e sarà meglio per te...
- Io ti mando alla Vicaria! 


Luigi Natoli: I mille e un duelli del bel Torralba. 
Pubblicato unicamente a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 1 febbraio 1926 e raccolto in unico volume ad opera della casa editrice I Buoni Cugini editori.
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