La sua pianta si era via via allargata
fin dal tempo dei Romani; una città nuova era sorta oltre il letto del fiume il
Maltempo; le cui sponde superiori, per esser piantate a “cimino” fecero
dare grecamente il nome di Kèmonia, alla parte alta dell’Albergheria.
Il letto di questo fiumicello, che il
Senato avea deviato da qualche tempo, per evitare le frequenti inondazioni, è
riconoscibile nell’attuale via Castro.
Nel 1401 esso, d’inverno, correva ancora
nel suo letto, e scendendo per le odierne vie di Casa Professa e dei Calderai,
piegando per la contrada dei Tornieri, si univa al fiumetto della Conceria, e
scendeva nel mare.
Di là da questo fiume era dunque sorta
una città più vasta dell’antica, dovuta all’opera di espansione e di adattamento
dei vari dominatori.
I Romani vi fabbricarono quasi tutta
quella parte che oggi forma il mandamento Palazzo Reale; i Bisantini vi
aggiunsero altre contrade, più in giù, che giungevano fin presso S. Francesco
d’Assisi; gli ebrei vi costruirono le loro case e la Sinagoga, tra la moderna
piazza del Ponticello e la contrada dei Calderai; gli Arabi vi edificarono una
vera città, chiusa da mura, dove aveva sede il governo e serbavano il tesoro, e
la chiamarono Kalesa, l’Eletta, nome
che ancor serba, sincopato in Kalsa,
o secondo la pronuncia palermitana hausa.
Queste nuove contrade col tempo si erano
confuse; nel secolo XV i loro confini si erano cancellati, e solo era visibile
qualche pezzo di muro o quale torre dalla Kalesa. Esternamente erano difese da
una muraglia comune, che girava da occidente a mezzogiorno e piegava a oriente,
sul mare; nella quale si aprivano alcune porte, due delle quali, sopravvissute
al naufragio di tante altre cose e ai rinnovamenti edilizi, rimangono ancora,
coi loro nomi antichi, ruderi gloriosi del passato: porta Mazzara (el
Mahassaar) e porta S. Agata: di altre, come la porta delle Terme e quella dei
Greci, rimane il nome. Delle muraglie qualche frammento è ancora visibile fra
le case che vi si addossano, nei pressi dell’Ospedale Civico, e dietro la
Caserma dei Carabinieri.
Dalla parte opposta, dall’altro lato
dell’antica città si apriva una vasta palude, detta di Buonriposo, che per
esser piena di papiri diede il nome di Papireto alla contrada. Essa un tempo si
estendeva, costeggiando le mura settentrionali della città antica, e occupando
l’area delle odierne piazze del Monte di Pietà, di S. Onofrio e dei mercati; ma
a poco a poco s’era disseccata.
Nel secolo XV la palude s’era ristretta
alla parte più alta, giungendo appena a S. Cosmo: stagnante spesso e
miasmatica. Un emissario, che era il fiumetto o fiume della Conceria, la
metteva in comunicazione col mare, e di là da questa palude eran sorti dal
tempo degli Arabi altri borghi, che formavano un’altra città transpapiretana; e
forse perché vi aveva avuto sede un cadi, dal nome composto di Sera-al-cadi,
Seralcadi, era venuto il nome al quartiere, di Seralcadio, poi Civilcari; la
cui parte superiore il popolo chiamò Capo.
Anche oggi, il visitatore curioso può
riconoscere tanto l’antico letto del Maltempo o fiume di Kemonia, quanto quello
della palude Papireta, nei due avvallamenti o parti più basse da via Castro a
Lattarini a destra, dal Papireto alla piazza Caracciolo a sinistra, che
lasciano anche oggi in mezzo più elevata, tutta la parte centrale della città
fino a S. Antonio. Questa parrocchia, come si può vedere, resta infatti più
alta dell’attuale livello del corso Vittorio Emanuele e della nuova via Roma: e
più alte rimangono a sinistra le vie del Celso e delle Vergini, che sovrastano
a quelle dei Candelai e alla piazza Nuova; e a destra le vie Biscottai e
S.Chiara, e le chiese di S. Cataldo e della Martorana, che sovrastano alla via
Castro, alla rua Formaggi, alla piazza del Ponticello e alla via dei Calderai.
L’antichissima Palermo era appunto questa
parte centrale più alta, sovrastante alle altre or accennate. Essa era cinta di
mura e di torri, che l’allargarsi successivo della città non distrusse.
Nel 1401, come abbiamo detto, queste mura
e queste torri esistevano ancora, con le antiche porte; l’ultima delle quali
sparve nel 1588, quando si costruì il convento dei frati Benefratelli.
Formavano
dunque una città murata dentro la città.
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